Afroskull – To Obscurity And Beyond


Afroskull – To Obscurity And Beyond

Prima di iniziare la mia recensione, è necessario un avvertimento: "To Obscurity And Beyond" è qualcosa di abbastanza diverso da quello che potrebbe essere convenzionalmente etichettato sia come jazz contemporaneo che tantomeno come jazz classico. Piuttosto è una strana ed intrigante combinazione di influenze che partono dai Chicago e passando per i Blood Sweat and Tears e i Colosseum può arrivare ai Funkadelic e persino a Frank Zappa. Tuttavia il jazz è presente, così come sono altrettanto avvertibili alcuni echi di rock progressivo e metal; anche per questo motivo gli Afroskull sono una band eccitante, vigorosa, dinamica e possono inoltre vantare una tecnica impeccabile. Ma forse è meglio introdurre brevemente qualche cenno storico di questo strano gruppo: si tratta di un collettivo musicale di New York originario di New Orleans. Joe Scatassa (chitarra), Bill Richards (basso), Matt Barone (tastiere), Jason Isaac (batteria) erano il nucleo primario che, irrobustito da una schiera di fiati, registrarono il primo album intitolato Monster for the Masses, uscito nel 2000. Dopo la fuoriuscita di alcuni membri della band, seguì una breve pausa e quindi arrivò il trasferimento a New York. Scatassa e Isaac inserirono Matt Iselin (tastiere), Dan Asher (basso) e Seth Moutal (percussioni) per far rinascere la band, seguendo la strada tracciata dall’album di debutto. To Obscurity And Beyond ha visto la luce nel 2009 ed è un lavoro per lo più strumentale, con solo due tracce cantate delle 11 totali. E’ un album che possiede abbastanza energia e groove per spingerti ad un irrefrenabile anelito di movimento, ma vanta al contempo quella tecnica musicale sufficientemente raffinata da far prevalere la voglia di ascoltarlo con attenzione. In qualche misura è un album della vecchia scuola, molto lontano da ciò che offre il mercato discografico, ma nel quale il virtuosismo viene sfruttato per trasmettere il particolarissimo messaggio musicale nella maniera più fruibile. Come detto l'ispirazione degli Afroskull è radicata nel passato, sebbene con un sapore decisamente contemporaneo. Volendo sintetizzare si tratta di un quintetto arricchito da una corposa sezione fiati (brillantemente soprannominata "The Horns of Doom"): in pratica gli Afroskull suonano la loro musica complessa e multidimensionale come se fossero una mini-orchestra. La band impiega rigorosamente strumenti reali, cosa che si traduce in un suono autenticamente caldo ed espressivo, lontano anni luce da quel sound spesso freddo e asettico  a cui ci hanno abituato la maggior parte delle pubblicazioni discografiche attuali. Muscolare ed avvincente, forse sono questi i due aggettivi che riassumono meglio la musica degli Afroskull, una proposta artistica che tuttavia è ugualmente capace di raffinatezza. Forse anche per questo il richiamo al Frank Zappa di The Grand Wazoo e Hot Rats è più che giustificato. L'album si apre con il funky pirotecnico di "Spyplane" ed è subito uno shock musicale: l’impatto è potente e suggestivo, quasi cinematico. Se il titolo suggerisce uno schema, effettivamente il brano rimanda ai film di spionaggio, suggerendo fughe, inseguimenti e spettacolarità. La band mostra il suo lato relativamente più sobrio su "Redemption", rinunciando per un momento ai ritmi indiavolati per concedere una pausa all’ascoltatore. "The Curse" è quasi sinistra nel suo incedere marziale, con un’anima progressive metal ed una ritmica mutevole e ipnoticamente diversificata. I grintosissimi riff di chitarra così come i brillanti assoli sono opera di Joe Scatassa ed animano questo pezzo, come tutto il disco, di un’energia contagiosa. Impressiona il potente suono dei fiati ed è discreta ma sostanziale la presenza delle tastiere: tutto è alimentato dalla ritmica spettacolare di Jason Isaac e Seth Moutal con il supporto dell’implacabile basso di Dan Asher. Me And My Tv è altrettanto impressionante: il ritmo intricatissimo viene cavalcato da un bellissimo assolo di tromba prima e poi da un piano elettrico distorto, per un brano che suona jazz rock forse più degli altri. E non è da meno la fiammeggiante Dance Of The Wild Koba dove è il trombone a prendersi la scena all’inizio per poi essere abbondantemente inondata dal muro sonoro creato da ottoni e sax in un crescendo complessivo degno della migliore colonna sonora di un poliziesco degli anni ’70. Da sottolineare il favoloso lavoro al clavinet di Matt Iselin che tanto ricorda Geoge Duke o Jan Hammer. "Waste Management" e "Everything" sono le uniche due tracce vocali (affidate rispettivamente al tastierista Matt Iselin e all’ospite Michael Taylor). Mescolano efficacemente il blues con i classici ritmi funky e tocchi di rock, ma sono ravvivate dalla presenza roboante e onnipresente dei fiati. Giusto per dare un’idea, l’impatto è simile a quello dei primissimi Chicago, con forse un pizzico di ruvidezza in più. L'album termina con il botto, prima con un altro funky funambolico e trascinante come Zero Hour. E quindi con la summa musicale dell’intero album degli Afroskull, inititolata  "Escape from Rome". Si tratta di un tour-de-force di 8 minuti che passa dall'apertura quasi jazz (qui le similitudini con The Grand Wazoo di Zappa sono notevoli) alla intensa sezione centrale della traccia, nel corso della quale tutti gli strumenti si prendono il loro spazio per creare un’architettura imponente ed estremamente affascinante. To Obscurity And Beyond è una straordinaria raccolta di brani esaltanti, supportata da un'incredibile musicalità e da un grande sensazione di autentica scoperta. Questo è un album che merita sicuramente di essere etichettato come una delle pubblicazioni più interessanti di questi ultimi anni. Di sicuro è qualcosa di molto raro nel panorama della musica attuale: complice la sua complessità intrinseca, a causa della pura energia che sprigiona, e per il sound in qualche misura inedito e audace che gli Afroskull sono in grado di regalare. È ovvio che i puristi del jazz troveranno questo lavoro un po' troppo funky e magari pure troppo rock per trarne il massimo godimento: probabilmente non lo apprezzeranno affatto. Ma tutti gli ascoltatori attenti di sicuro coglieranno viceversa il connubio tra la dirompente vitalità e la disciplinata tecnica musicale di cui è infarcito "To Obscurity and Beyond”. Un esempio tanto spudoratamente perfetto quanto eloquente, di quello che si definisce crossover. Gli Afroskull fanno musica senza mezze misure: come una sorta di trasposizione sonora di una fantascientifica battaglia cinematografica tra super-eroi e super-mostri. Purtroppo "To Obscurity and Beyond” resta l’ultimo album che la band ha pubblicato fino ad oggi ed è già vecchio di ben 11 anni, sebbene gli Afroskull siano assolutamente attivi nel circuito live americano. Sarebbe molto interessante scoprire cosa potrebbero proporre nel loro prossimo disco, ma per il momento possiamo solo aspettare, peccato.