Art Blakey & The Jazz Messengers - Caravan


Art Blakey & The Jazz Messengers - Caravan

Art Balkey è stato uno dei grandi del jazz. Fu per anni tra i migliori batteristi del mondo e rimane tra i più rappresentativi ed importanti ancora oggi. Tra le altre cose fu uno degli inventori di una ben precisa tecnica batteristica applicata allo stile bebop e in seguito a quello hard bop, di cui è a pieno titolo tra i padri fondatori. Parliamo quindi di un personaggio di grandissimo valore come musicista ma anche come compositore, uno di quelli che hanno letteralmente scritto la storia del jazz. Il suo stile alla batteria è stato ed è un punto di riferimento imprescindibile per intere generazioni di artisti che nel suo solco hanno percorso le innumerevoli e variegate strade di questa stupenda e complessa musica. Nella sua consistente discografia, Caravan occupa un posto di rilievo. Registrato nel 1962, si avvale della presenza, nella famosa formazione dei Jazz Messengers, del famoso sassofonista Wayne Shorter, del formidabile trombettista Freddie Hubbard e del magnifico trombonista Curtis Fuller. La band è completata dal pianista Cedar Walton, a suo volta musicista straordinario, e dal bassista Reggie Workman già membro del gruppo di John Coltrane. Rispetto alle precedenti registrazioni, Caravan rivela all’ascoltatore  tanto un diverso approccio della nuova etichetta (Riverside Records) all'arte della registrazione, quanto l'evoluzione musicale di questa nuova e rivista formazione dei Messengers. Rispetto ad altre incisioni di jazz acustico, gli strumenti a fiato e la batteria sembrano divorare i microfoni. Qui il kit di batteria di Blakey sembra più pieno, la sua ritmica spumeggiante e puntuale sembra quasi capace di rivaleggiare con i fiati, il suo charleston distintivo picchia come un implacabile martello. Ma anche il suono del piano è catturato in modo definitivo, rendendo giustizia ad un ispirato Cedar Walton. In breve, l'approccio della registrazione è spudoratamente proattivo, porta l'azione del gruppo direttamente al cospetto dell'ascoltatore e sottolinea in grassetto le performance di ciascun musicista. Così è un piacere cogliere in modo nitido il celebre piatto “ride” di Blakey in un flusso sonoro che coinvolge tutti i membri della band. In pratica la tecnica di incisione influisce in maniera sostanziale sull'effetto del suono ambientale costruendo un paesaggio che invita alla partecipazione dell'ascoltatore. Il momento clou di questo album è proprio l’evergreen di Duke Ellington, Caravan. Batteria, fiati e pianoforte lanciano Freddie Hubbard e la sua tromba che si esprime con tutto l'abbandono e la drammacità del suo immediato predecessore, Lee Morgan. Non è da meno Wayne Shorter, che risponde all'intensità del trombettista ispirandosi a John Coltrane. La raffinata arte batteristica di Art Blakey è pregna di energia, ma è anche contenuta, quasi latente, la sua presenza sonora è meno prominente in sottofondo agli interventi solistici e all'improvvisazione collettiva dei tre ottoni. Viene però il turno del batterista nel prendersi il suo assolo che, come sempre, è pirotecnico e punteggiato dai caratteristici versi gutturali: una furia ritmica scintillante ed eccitante al tempo stesso, tecnicamente ineccepebile. "Sweet 'n' Sour" è un valzer di Shorter, proposto in due differenti versioni, seguito da "This Is For Albert" che è un brano dal suono raffinato e dinamico. Ci sono anche due “take” alternativi della complessa "Thermo" di Hubbard, molto ben eseguiti. Lo spazio per la classica interpretazione trombettistica della ballata jazz è affidata allo standard "Skylark" di Hoagy Carmichael, che Hubbard riempie di uno splendore luminoso e cromaticamente variopinto. L'assolo di Curtis Fuller su "The Wee Small Hours" è uno dei suoi momenti più melodici sull’album , incorniciato deliziosamente dal pianismo fluido e discreto di Walton. Molti fan di Blakey insistono sul fatto che i suoi Messengers dei primi anni Sessanta fossero i più consistenti se non addirittura le migliori incarnazioni di sempre di questo straordinario collettivo di musicisti. Di fatto è un’opinione sostanzialmente condivisibile e tuttavia, oltre alle straordinarie registrazioni con la Blue Note, esiste più di un motivo per guardare avanti ed ascoltare anche ciò che è stato pubblicato negli anni successivi. Tra i grandi meriti di Art Blakey, oltre alla sua bravura di batterista, c’è anche quello di aver saputo lanciare, nel corso degli anni, innumerevoli giovani musicisti, molti dei quali hanno successivamente avuto una luminosa carriera da solisti.  Quando parliamo dei Jazz Messengers dobbiamo tener presente che si tratta di una delle band più rappresentative e seminali della storia del jazz, guidata nelle sue varie configurazioni da un maestro della batteria il cui lavoro e la cui creatività sono da considerare fondamentali per tutto il movimento afro americano. Caravan è senza dubbio uno degli album più interessanti della corrente denominata hard bop: è un disco imperdibile.