Inner Shade – 4 Corners


Inner Shade – 4 Corners

Gli Incognito sono un classe a se stante tra i gruppi contemporanei. Il collettivo di musicisti legati da questo inconfondibile marchio è come una galassia: il leader Jean-Paul 'Bluey' Maunick è il sole attorno al quale ruotano come pianeti molti interessanti artisti, tutti bravissimi. Molti di questi hanno a loro volta dei progetti personali e Bluey stesso si esalta nel crearne sempre di nuovi. Uno di questi progetti paralleli degli Incognito sono ad esempio i Citrus Sun, usciti nel 2001 con il bell’album Another Time Another Space (recensito nel maggio 2016 su questo stesso blog: Citrus Sun). Un ulteriore, ma precedente sviluppo del vulcanico Maunick risale al 1998 e si chiama Inner Shade, il cui esordio discografico s'intitolava 4 Corners. Inner Shade è la realizzazione di una particolare ambizione di Bluey, ed ecco le sue parole: "In questi ultimi due anni ho fondato la mia etichetta discografica, la Rice Records, per mantenere vivo il sogno Incognito, ma anche per creare qualcosa di più esteso di una semplice band. Altre situazioni, proprio come Inner Shade, ci permettono di scrivere più canzoni, sperimentare idee diverse, ed alimentare la creatività nel suo complesso, con una musica raffinata, sempre alla ricerca di una sofisticata strada dentro e fuori dall’acid jazz". Inner Shade è qualcosa in più di una propaggine artistica degli Incognito, è una sorta di avventurosa escursione musicale, tendenzialmente ancor meno commerciale e più complessa del gruppo pilota". Negli Incognito il lavoro di chitarra non è mai in particolare evidenza, gli Inner Shade al contrario sovvertono questa formula mettendo lo straordinario Mark Whitfield in prima linea. Inoltre il progetto consente di aprire nuove opportunità per i giovani musicisti. Dice ancora Bluey: “mi vedo un po’ come poteva essere l’Art Blakey dell’epoca dei Messengers: mi piace dare una chance a dei musicisti emergenti, ma anche trarre nuova linfa creativa per me stesso, assorbendo i nuovi stimoli con il massimo dell’apertura mentale". Con Inner Shade le idee di Bluey sono diventate realtà: se da un lato il sound è senza dubbio figlio delle stesse dinamiche degli Incognito, va anche sottolineato che l'album 4 Corners è qualcosa di diverso rispetto alle altre registrazioni "ufficiali" della popolare super band soul di Positivity e tanti altri dischi di successo. “Operator” inizia con un pianoforte da solo, prima che esploda il caratteristico suono degli Incognito: subito è la incomparabile voce nera di Maysa a cantare la prima strofa, i riff di fiati sono come d’abitudine perfetti, accompagnati dal suggestivo sottofondo di archi. L’assolo di chitarra di Mark Whitfield è breve ma continua il suo ricamo anche quando irrompono nuovamente tutti gli altri musicisti. Chris Ballins è invece il fantastico cantante che si prende carico di “Tell Me Something”, un bel brano dalla ritmica piacevole e con una melodia accattivante ancora una volta sottolineata dal felice arrangiamento: notevole il sax soprano suonato Chris DeMargary. La title track  è introdotta da un sontuoso arrangiamento d'archi ma presto un pianoforte da il via ad una ritmica sincopata trascinata dalla forza esplosiva di Richard Bailey, Randy Hope Taylor e Graham Harvey. Il groove è funky mentre sono fluidissime le linee di chitarra di Whitfield; Maysa e Ballins si dividono le parti cantate con le loro profonde voci soul. Varie influenze dai primi anni ’70 si possono rilevare nella orecchiabile “Are You With Me?”, nella quale il protagonista è di nuovo un impressionante Chris Ballins, la cui voce è una delle novità più interessanti dell’album. Ritmicamente c’è un sentore di samba e la sezione fiati svolge il proprio lavoro con la consueta gagliardia. “Loose Cannon” è uno strumentale dall’andamento curioso, quasi nello stile delle colonne sonore di Lalo Schifrin: uno dei momenti di maggior impegno per la chitarra semiacustica di Mark Whitfield, in grado di dare un tono molto jazzato al brano. “Mood to Mood” apre una finestra sulla più classica Bossa Nova arricchita dal cantato di Maysa: questo fino al termine della prima sezione perché dalla metà in avanti il pezzo si fa esotico e sperimentale, con una ritmica drum'n'bass tanto vivace quanto originale. Qui si ascolta il pulsante basso flanger di Randy Hope Taylor e la cristallina chitarra di Whitfiled. “What’s In The Box” è uno spazio strumentale creato per la chitarra solista di Mark Whitfield ma dove trovano spazio un po’ tutti i musicisti di Inner Shade. Sulla allegra e quasi disco “Heaven” Bluey introduce il giovane batterista Eshan Khadaroo e suo figlio Daniel Maunik. Il groove ballabile mette in mostra la vocalità ben conosciuta di Maysa che vola in alto sulle scale musicali e l'eccezionale talento del jazzista Mark Whitfield : il risultato finale è un brano in pieno stile Incognito. “Little Sunflower” ritorna alla ritmica complessa e sincopata del drum'n'bass ma questa volta il brano è tutto strumentale ed il bravissimo Ed Jones piazza qui un assolo di sax molto intenso. Graham Harvey per una volta al piano acustico dimostra che categoria di tastierista sia lui, proprio in quello che è il più jazzato tra tutti i numeri di 4 Corners. Gli Inner Shade nascono da un’idea di Bluey Maunick, come una costola degli Incognito, tuttavia il cuore di questo progetto va attribuito al trio di musicisti formato da Chris DeMargary, Randy Hope Taylor e Ed Jones: lo stesso Bluey li definisce l’incarnazione dello spirito di questa band. Ciò che ci propongono è di grande livello come è lecito attendersi e tuttavia suona molto familiare, non discostandosi poi così tanto da quello che siamo abituati ad ascoltare con la più famosa band soul londinese. Verrebbe da dire scherzando un po’…: questo è un album bellissimo, uno dei migliori tra quelli prodotti dagli “Incognito”, non sarebbe corretto, certo, ma non ci si discosterebbe troppo dalla verità. Il futuro ci darà che questo gruppo è rimasto uno spot singolo che non ha avuto un seguito discografico, probabilmente Maunick e i suoi collaboratori hanno preferito focalizzarsi maggiormente sul progetto principale che era e rimane Incognito: un peccato, perché i valori di 4 Corners avrebbero meritato più di questa sola sporadica registrazione.