Bill Evans Trio - Explorations


Bill Evans Trio - Explorations

Non ricordo chi sia stato a pronunciarla, ma nel mondo del jazz gira questa frase: “Vai tutti i giorni a piedi al tuo negozio di dischi preferito per acquistare un album di Bill Evans. In questo modo ti manterrai in forma ed avrai presto anche una grande collezione di jazz per pianoforte”. E’ un’affermazione largamente condivisibile: nessuno può negare che Evans sia stato un genio assoluto, un musicista straordinario che ha letteralmente rivoluzionato non solo l'immagine del pianoforte, ma anche la storia stessa del jazz. Sì può inoltre scommettere sul fatto che ogni pianista che è venuto dopo di lui abbia presumibilmente consumato i solchi dei dischi di Evans per assorbire, per quanto possibile, tutti i segreti, le sfumature e le mille sfaccettature della sua incomparabile arte. Bill Evans ha il potere di incantare fin dal primo assaggio ma è con un ascolto attento che seduce completamente l’ascoltatore. Ciò che affascina e stupisce è proprio quel suo inconfondibile modo di suonare il piano, emotivamente coinvolgente, straordinariamente raffinato e colto eppure sempre così immediato. Bill ha il potere di diffondere una sensazione di calore che, come per magia, arriva alla testa alleggerendola di ogni pensiero, per poi penetrare fino al cuore avvinghiandolo in una presa che non ci lascia più. Bill Evans aveva la straordinaria capacità di scegliere sempre le note giuste per toccare le corde della parte più profonda della nostra anima musicale: una dote che è propria solamente di una ristretta cerchia di grandissimi artisti. Nella ricca discografia di questo eccezionale pianista, la parte migliore e probabilmente anche il luogo naturale dal quale partire per iniziare ad avvicinarsi a Bill Evans sono indubbiamente gli album con il famoso trio formato insieme a Scott LaFaro al basso e Paul Motian alla batteria. Explorations è stato registrato nel Febbraio del 1961, a circa un anno di distanza da un altro acclamato capolavoro come Portrait in Jazz e lo stesso Evans lo considerava una delle sue pubblicazioni preferite. I tre musicisti lavorano in una perfetta sinergia, nella quale il maestro dimostra di aver perfettamente concettualizzato la formula del trio, interpretandola esattamente come deve essere: ogni membro contribuisce per la sua parte in funzione dell’unità del risultato finale. Ed infatti tutto qui funziona a meraviglia in un contesto formalmente essenziale eppure ricercatissimo e tuttavia agile, fresco e rilassato. Il meraviglioso interplay tra il basso di LaFaro e la batteria di Motian fornisce un ambiente ritmico ideale sia per gli accordi complessi ma sempre aggraziati di Evans, che per i suoi lucidissimi ed intricati assoli. Il trio va letteralmente ad “esplorare” l’architettura melodica, ritmica e armonica dei brani, compiendo un’operazione che non era mai stata presa in considerazione dalla maggior parte dei musicisti di jazz fino a quel momento. Il risultato è una sorta di rivitalizzazione di alcune canzoni dimenticate, che vengono qui reinventate, stravolte e ricostruite: ad esempio “How Deep Is The Ocean” o “Sweet And Lovely” in cui la tavolozza melodica si arricchisce di nuovi colori grazie alla ricchezza delle capacità musicali e tecniche di Bill. Si crea quasi l'illusione che queste composizioni siano state scritte in un modo che solo lo stesso Evans può interpretare o addirittura che siano state da lui composte. Il maestro sorprende nell’eseguire un vecchio brano del 1948 come “Haunted Heart”, al quale conferisce una struttura meravigliosamente impressionista, spalleggiato dalla profondità del drumming di Motian e dal sapiente uso delle pause di LaFaro. C’è spazio anche per una cover di un pezzo dell’amico Miles Davis: “Nardis” era già stata suonata in precedenza con Cannonball Adderley, ma qui ascoltiamo un Bill Evans all’interno di un altro contesto, nel quale i suoi fraseggi sono esaltati e il contrappunto melodico non viene da un sax ma dal basso di un fantastico Scott LaFaro. “Elsa” è una delle più belle ballate jazz per piano mai scritte, deliziosamente soft e romantica, mette in luce tutta la strepitosa perizia di Evans, che cesella le note dispensando passione ed emozioni unite dal quel filo di dolce malinconia che è un po’ il suo segno distintivo. La storia del brano “Beautiful Love” è particolare: la canzone fu eseguita in due diversi “take” tra i quali fu scelta inizialmente la seconda versione. In ogni caso nella ristampa su cd possiamo godere della presenza anche della registrazione del primo tentativo e possiamo renderci conto delle differenze. Sul cd di Explorations  troviamo anche un altro pezzo scartato nel ’61 a causa dello spazio limitato dal supporto vinilico: “The Boy Next Door” chiude l’album ed è una vera fortuna poterla ascoltare perchè è una piccola gemma che merita attenzione. Un menzione particolare per “Israel”, brano dove Evans disegna con la mano destra una melodia particolarmente brillante, mentre con la sinistra si limita ad un accompagnamento assorto e discreto, tutto giocato su quattro accordi maggiori per battuta: essenziale e bellissimo il risultato finale anche per merito di un sempre tecnicamente ineccepibile Scott LaFaro al contrabbasso. Questo è un trio tanto collaudato e consolidato da fondere insieme l’essenza stessa dei musicisti, che sono in grado di produrre un flusso sonoro equilibrato e strutturalmente complesso, ma capace di un impatto sempre molto naturale. Explorations è uno straordinario esempio della grandezza di Bill Evans e del suo inimitabile trio, catturati all’apice di un fantastico percorso musicale che li pone quasi ad un virtuale crocevia tra il jazz e l’impressionismo. Capolavoro.