Larry Carlton – Last Nite


Larry Carlton – Last Nite

Larry Carlton: ovvero quello che gli americani definiscono un “musicista dei musicisti”, vale a dire uno di quei seri e talentuosi professionisti che gli altri artisti (non solo del mondo del jazz) amano coinvolgere nei loro progetti per dare alla produzione un tocco in più. Ma Larry è molto più di questo, prima di tutto è uno straordinario chitarrista, uno di quelli che puoi riconoscere dopo poche battute. E poi c’è il suo lavoro di jazz fusion strumentale che è sempre stato originale e meravigliosamente melodico. Larry Carlton ha fatto parte di gruppi importanti e di grande classe come i Crusaders o i Fourplay ed ha partecipato come session man alle registrazioni degli Steely Dan e Joni Mitchell, giusto per fare due nomi tra i tanti. Nel corso degli anni ha esplorato con successo il blues e il rock filtrando tutto attraverso la lente di un jazz contemporaneo illuminato e moderno con risultati in genere piuttosto coinvolgenti. Last Nite è un affare un leggermente diverso, è un album dal vivo su cui Larry non propone solo le sue stesse composizioni sulla scia del tipico repertorio fusion. Qui si confronta non con  uno, ma addirittura con due brani dell’opera jazz più osannata della storia di questo genere: quel Kind Of Blue di Miles Davis che continua ad essere un punto di riferimento imprescindibile per ogni appassionato. Lo fa adattando la musica del divino Miles ai suoi dettami stilistici, ovvero quelli di una fusion sofisticata e al tempo stesso sempre perfettamente fruibile, anche da chi il jazz non lo mastica affatto. Per molti puristi il solo fatto che un chitarrista fusion come Carlton “interpreti” a modo suo le partiture sacre di Kind Of Blue può suonare come un sacrilegio. E a dire la verità, anch’io preferisco le versioni originali di "So What" e "All Blues" ma devo aggiungere che il loro livello trascendente appare forse irraggiungibile per qualsiasi altro artista che non sia Davis stesso. Tuttavia, nell’approcciarsi a cotanta perfezione formale, Carlton se la gioca davvero molto bene, così come fa con tutto il resto del materiale contenuto in questa registrazione effettuata al Baked Potato di North Hollywood, in California nel 1986. I due brani, molto diversi tra loro, risultano comunque brillanti e magistralmente interpretati. Tutto sembra suonare in modo decisamente più tradizionale di quanto siano normalmente gli arrangiamenti tipici di Carlton, con il piano elettrico e l’organo che forniscono i contrappunti principali per la sua scattante chitarra. Il modo di suonare di Larry è sempre espressione di gioia pura ed entusiasmo la qual cosa rende l’ascolto della sua musica un vero piacere. E’ "So What" che apre il concerto con il batterista John Robinson che rende omaggio al drumming originale quasi sussurrato, leggero, perfetto per gli assoli funambolici di Carlton. Il maestro lascia comunque molto spazio da solista al tastierista Terry Trotter, un compagno fedele da oltre due decenni. Larry e la band utilizzano sostanzialmente il classico riff dell'inizio e della fine del brano come cornice per le loro lunghe improvvisazioni. Tornando ad un territorio più familiare per il nostro Carlton, "Do not Give It Up" è illuminata dai suoi dinamici assoli di chitarra elettrica, mentre la sezione ritmica inonda tutto di un energico combustibile a base di jazz rock. "The B.P. Blues" è ovviamente un blues lento e maestoso in cui la chitarra è particolarmente lirica: gustosa è la definizione che viene in mente. E’ il turno dell’altro pezzo di Davis, "All Blues" che inizia con un assolo in punta di dita di Carlton giusto per riecheggiare la traccia dell’originale, per poi virare in una direzione decisamente più vicina al jazz contemporaneo. Straordinario il bassista Abraham Laboriel che si inventa un fantastico gioco  di variazioni intorno al giro di basso. La title track, tratta dal formidabile album Sleepwalk del 1981, si apre con un assolo di basso slap seguito dall’intervento quanto mai setoso e sensuale del leader: uno dei momenti più riconoscibilmente “Carltoniani” del concerto. Si apprezza la sensibilità ed il sapiente tocco di Carlton che accarezza le corde con grande delicatezza, esaltandosi nella felice intuizione di utilizzare gli spazi tra le note nel modo più efficace possibile. Semplicemente sublime. Il set si chiude su una nota più tranquilla, con la ballata "Emotions Wound Us So", un brano che Carlton ha scritto per la moglie, la cantante Michele Pillar. Si tratta di una dolce e discreta serenata strumentale il cui fascino principale sta ancora una volta tutto nel fraseggio raffinato e delicatissimo delle dita del maestro sulla sua 6 corde. È quanto basta per farne un pezzo magico, perfetto per chiudere in bellezza un album davvero interessante. Last Nite è un punto culminante in una carriera ricca di registrazioni, spesso di valore. Un album live che riesce a catturare le molteplici sfaccettature della diversificata personalità musicale di un personaggio molto amato dai fan del jazz contemporaneo come Larry Carlton. Un concerto che immortala il chitarrista in tutte le sue sfumature emotive e mette in luce anche la  strepitosa tecnica individuale di tutti i membri del suo gruppo. Last Nite è un lavoro che dice tutto quello che è necessario in solamente sei memorabili tracce e poco più di 44 minuti di registrazione.