Ansgar Specht - Some Favourite Songs


Ansgar Specht - Some Favourite Songs

Un viaggio a ritroso nel tempo. Una nostalgica serata in un fumoso jazz club. Un bicchiere di bourbon servito da un barman che finge di ascoltare i suoi ospiti con partecipazione, ma in verità indulge nei suoi pensieri. E sul piccolo palco un trio, formato da una chitarra, un organo, ed una batteria: giusto l’essenziale. Alla testa di questo “small combo” un musicista tedesco, Ansgar Specht considerato uno dei migliori talenti della chitarra jazz non solo del suo paese ma anche a livello internazionale. Questo è in sintesi il quadro che scaturisce dall’ascolto delle tracce di “Some Favourite Songs”, l’ultima fatica discografica di Specht. La selezione dei brani è incentrata su alcuni delle composizioni favorite del chitarrista e della sua band, che non necessariamente devono essere quelle più gettonate dal pubblico. Ci sono canzoni dei noti compositori Cal Massey, Wes Montgomery, J.J. Johnson e Antonio Carlos Jobim, ed anche pagine più recenti della produzione jazzistica contemporanea. Lo stile di Ansgar è diretto, conciso, limpido e molto amichevole: si tratta di jazz tradizionale con una spruzzata di blues e qualche influenza latina, il tutto condito da una piacevole leggerezza. La tecnica di Specht è ottima ed attinge alla migliore tradizione dei grandi maestri del passato, ma il chitarrista non è tuttavia un artista egocentrico e lascia un giusto e paritetico spazio all’organo Hammond suonato con perizia dal bravo John Hondorp. Il batterista Marcus Strothmann costruisce la spina dorsale ritmica più adatta al contesto della musica del trio: preciso, mai invadente eppure sempre presente. E’ così che la musica scorre, pulsa e scoppietta intrattenendo con grazia e misura. Compagno ideale di una serata rilassata e piacevole, l’album suona intelligentemente divertente, melodico e colorito. Su Some Favourite Songs non troverete certo eccitazione e frenesia, cose che non si addicono allo stile adottato per questa registrazione dal chitarrista tedesco. Non mancherà invece di stupirvi la notevole cura nei dettagli degli arrangiamenti a partire dal sound sofisticato e fluido della chitarra semiacustica del leader e finendo con l’uso intelligente dell’organo, che a suo modo non fa rimpiangere la mancanza di un contrabbasso. Un esempio è la bellissima cover del classico di Bruno Martino “Estate”: sulla romantica canzone italiana viene dato un grande spazio all’Hammond di Hondrop che crea un’atmosfera rilassata e suggestiva mentre la chitarra riserva il meglio per il finale. Molto bella anche l’interpretazione di uno dei più bei pezzi di bossa nova di Antonio Carlos Jobim intitolato “Fotografia”. Lasciando la ritmica solo alla stregua di un timido sottofondo il brano si concentra principalmente sulla melodia che il trio riesce a valorizzare al meglio. Il jazz più tradizionale viene proposto su “These Are Soulful Days”, canzone di apertura dell’album. Il gioco di questo numero è tutto nell’inseguirsi continuo della chitarra e dell’organo, in un’alternanza di assoli e accompagnamento estremamente piacevole. “Who Can I Turn To?” vira su una maggiore vivacità, dando una versione veloce e nervosa di una canzone nota soprattutto come ballata. L’anima soul jazz emerge prepotente nella rilettura che Specht da della classica “Road Song”, questa suona come un vero e propio omaggio al grande maestro, innovatore della chitarra, Wes Montgomery. La stessa cosa che Ansgar fa subito dopo con la funambolica “Lean Years” di Pat Martino, mirabilmente eseguita dal trio. Questo album del 2016 rappresenta l’ultima fatica di Ansgar Specht ed è anche una decisa svolta verso un jazz più canonico, dopo anni di musica maggiormente orientata verso il jazz rock ed alla fusion piuttosto che al linguaggio tradizionale. Con Some Favourite Songs i tre musicisti confezionano un disco piacevolmente sofisticato eppure talmente spontaneo e naturale da sembrare quasi eseguito senza alcuno sforzo. L’accompagnamento ideale per concludere una giornata frenetica con della buona musica. Che poi ciò avvenga in un fumoso bar, davanti ad un barista falsamente attento o sul proprio divano di casa non importa, l’importante è ascoltare del buon jazz: Ansgar Specht riesce in questa apprezzabile operazione.