Louis Armstrong & Duke Ellington - The Great Summit


 Louis Armstrong & Duke Ellington - The Great Summit

Nessun altro musicista ha caratterizzato la prima metà del Secolo del Jazz (il '900) più di Duke Ellington e Louis "Satchmo" Armstrong. Louis Armstrong e Duke Ellington erano (e sono) due delle più importanti e principali radici del jazz. In qualsiasi modo la si guardi, quasi tutto ciò che è venuto dopo riconduce direttamente o indirettamente a loro. Entrambi questi grandi uomini sono nati tra il XIX e il XX secolo e tutti e due si sono affermati come solisti e band leader durante la metà degli anni '20.  Duke era l'affascinante ed elegante folle genio della composizione, un Mozart nero che è riuscito ad impregnare il jazz di una raffinatezza emotiva e di un'arguzia melodica che non saranno mai superate. Louis rese popolare praticamente da solo l'arte dell'assolo, liberando il jazz dalle rigide regole dell'ensemble e dando così ai singoli musicisti la possibilità di esprimersi finalmente in modo compiuto. Inconfondibile nel suono, la presenza di Satchmo definiva fortemente ogni sessione a cui partecipava. Le ragioni sono semplici: quando Satchmo si portava la tromba alle labbra e suonava, un luminoso raggio di sole si irradiava dalla sua anima, inondando il mondo della sua luce abbagliante. Armstrong era un uomo positivo traboccante di sentimento, e la sua suprema bontà si può percepire in ogni nota che suonava ed in ogni verso che cantava. Duke Ellington è da considerare uno dei massimi compositori del '900, oltre le etichette di genere: grande è stata e rimane la sua influenza su tutte le generazioni di jazzisti venuti dopo. Quindi non dovrebbe sorprendere che la collaborazione di Duke & Louis si traduca in queste registrazioni di enorme calore e umanità. Ecco dunque uno dei più grandi accoppiamenti nella storia della cultura popolare: il jazz nella sua essenza più pura. Certo il buon Satchmo resta al centro della scena, un destino di “prima linea” che lo accompagnerà per tutta la sua carriera. E’ lui che apre l'album, dando il dovuto riconoscimento al grande Ellington, sottolineando che la musica che risuona la trovi “solo” a "Duke's Place". Duke dal canto suo fa sentire Satchmo come a casa, fornendo un accompagnamento sublimemente swing, ma di tanto in tanto emerge per mostrare a tutti la sua maestria. Pochi secondi di ascolto e non si può fare a meno di cogliere il feeling unico che ha pervaso queste preziose sessioni. Naturale che eseguire il songbook di Ellington con il maestro in persona fu uno stimolo eccezionale per Satchmo, abituato ad eseguire all'infinito i suoi più grandi successi, notte dopo notte, nei club di tutto il mondo davanti a un pubblico in adorazione. Il suo entusiasmo traspare nel suo spettacolare assolo di tromba in "Black and Tan Fantasy". Satchmo rivela anche un lato profondamente introspettivo in molte delle ballate dell'album, in particolare in "Solitude", "I got It Bad And That Ain't Good" e la rara "Azalea". Suonare con Satchmo è stato di grande ispirazione anche per il Duca, che ha composto e registrato per l’occasione "The Great American", direi opportunamente intitolato in questo modo. Queste registrazioni straordinarie contengono alcune versioni impareggiabili di molte delle canzoni famose di Ellington. Un classico jazz che non è difficile definire essenziale, l'album vola sulle note del vero genio musicale di due colossi del secolo scorso. La cosa curiosa ed in qualche misura incredibile, è che, sebbene le loro strade si fossero incrociate di tanto in tanto nel corso degli anni, nessuno era mai riuscito a portare Armstrong ed Ellington in uno studio di registrazione per realizzare un album insieme. Il 3 aprile 1961, è quindi una data storica, poiché il produttore Bob Thiele riuscì in quella che dovrebbe essere considerata una delle sue più grandi vittorie. Ha organizzato e supervisionato una sessione di sette ore e mezza allo Studio One della RCA Victor sulla East 24th Street a Manhattan, utilizzando allo scopo un sestetto che metteva insieme Duke Ellington con Louis Armstrong e i suoi All-Stars. Questo gruppo comprendeva l'ex clarinettista di Ellington Barney Bigard, il trombonista Trummy Young, il bassista Mort Herbert e il batterista Danny Barcelona. Una seconda seduta ebbe luogo nel pomeriggio del giorno successivo. Come detto la musica risultante dall'ispirata ed unica iniziativa di Thiele è inequivocabilmente eccezionale ed assolutamente essenziale. Ciò significa che tutti dovrebbero ascoltare questo album almeno una volta, e chi lo farà non si stancherà di suonarlo moltissime altre volte: questa è una delle collaborazioni più intriganti della storia del jazz. Armstrong suonò la sua tromba con autorità e dolcezza, inoltre cantò da par suo magnificamente e con la proverbiale energia positiva di cui era capace. Ellington tirò le fila del progetto ma diede anche il suo apporto al pianoforte, dimostrando una volta di più la misura, il controllo, la tecnica per quale è passato a sua volta alla storia.  La band nel suo complesso suona perfettamente nel mood,  immersa in un “interplay” di livello elevatissimo, dando luogo ad uno di quei momenti magici che accadono solo poche volte in uno studio di registrazione. A completare il quadro va detto che la qualità audio è eccellente e consente di apprezzare molto bene il sound di due artisti che, avendo sviluppato la loro carriera in un epoca tecnologicamente carente, furono in parte penalizzati da questo aspetto. Coloro che amano e rispettano Louis Armstrong e Duke Ellington e più in generale la musica jazz si godranno con immenso piacere ogni singolo momento di The Great Summit. Un album storico ed imperdibile.