Stanley Jordan – Magic Touch


Stanley Jordan – Magic Touch

L’avvento del chitarrista Stanley Jordan sulla ribalta musicale dei primi anni '80 ha immediatamente allertato la critica ed il pubblico creando grande interesse intorno al giovane talento fin dall’uscita del primo album Touch Sensitive nel 1982. Il virtuoso chitarrista di Chicago si guadagnò in breve tempo una meritata fama nel mondo del jazz ed un buon seguito tra gli appassionati. Dato che Stanley inventò un modo nuovo e rivoluzionario di suonare le sei corde è abbastanza normale che il fatto non passasse inosservato. La tecnica alla base del mirabolante modo di interpretare lo strumento da parte di Jordan è quella del tapping. Il tapping consiste nell'utilizzare la mano ritmica (destra per i destrimani, sinistra per i mancini) per suonare delle note (note legate) direttamente sulla tastiera, generalmente usata per suonare intervalli molto larghi, altrimenti molto difficili da eseguire. La versione più virtuosistica è il tapping a otto dita, che consiste appunto nell'usare tutte e quattro le dita della mano destra, combinandole ovviamente con le quattro della mano sinistra. Ed è esattamente questa quella sulla quale il formidabile Stanley Jordan si è specializzato. Sebbene non sia stato il primo a usare questo metodo, il chitarrista è stato però un pioniere nel suonare due linee melodiche completamente indipendenti sul suo strumento (come se fosse una tastiera) o, addirittura, due chitarre alla volta. Inizialmente studiò il pianoforte, ma passò alla chitarra all’età di 11 anni. Dopo essersi laureato a Princeton nel 1981, Jordan si esibì per un breve periodo in giro per le strade di New York. Ben presto attirò l’attenzione degli addetti ai lavori ed ebbe così l'opportunità di suonare con Benny Carter e Dizzy Gillespie. Dopo aver registrato un primo album come solista per l’etichetta Tangent, firmò un contratto con la Blue Note. Magic Touch, questo è il titolo del secondo disco di Stanley Jordan: il lavoro discografico che vedrà la consacrazione del chitarrista e della sua peculiare tecnica di tapping. Grazie anche ad un repertorio molto variegato ed eterogeneo, l’album ci fa capire quanto sia rivoluzionario l'approccio di Jordan allo strumento: un talento così grande da consentirgli di accedere a possibilità musicali che sono semplicemente fuori dalla portata di altri chitarristi. Nelle sue mani la chitarra raggiunge un livello di auto-accompagnamento precedentemente conosciuto solo da chi suona il pianoforte. Fortunatamente Jordan mette a frutto il suo incredibile talento facendo buona musica. E c’è un'area in particolare in cui Jordan eccelle davvero in modo unico: è la reinterpretazione del materiale pop moderno. La sua versione di "Eleanor Rigby" dei Beatles, ad esempio, accompagnata solo dalle sottili percussioni di Sammy Figueroa, è leggera e vaporosa ma esalta al contempo il lato più giocoso della melodia. Altrettanto impressionante è la cover di "The Lady in My Life" di Michael Jackson, della quale il chitarrista dà una lettura morbida e sensuale. Ma il bravo Stanley non si concentra solo sui classici del pop. Jordan dimostra di non trascurare affatto il mondo del jazz, proponendo delle deliziose versioni di "Freddie Freeloader", "Round Midnight" e "A Child Is Born". Magic Touch non è un disco per sola chitarra ed infatti Jordan è accompagnato in alcuni brani da alcuni musicisti esperti come  i batteristi Omar Hakim e Peter Erskine: gente che ovviamente suona benissimo. Però nell’estetica musicale di Stanley non importa quanto siano validi i collaboratori e quanto siano interessanti le esibizioni di gruppo. Tutto è concentrato sulla scioccante polifonia del formidabile chitarrista. È in quella sottile alchimia, fatta di abili dita che volano sul manico della chitarra creando intrecci impossibili ed arditi che si gioca la magia di questo disco e in ultima analisi la musica di Stanley Jordan. Da quelle sottili e delicate trame, tutte appese ad un talento cristallino, che fa della chitarra un’estensione fisica del corpo e della mente, prende davvero vita un album come Magic Touch. Qui non troverete assoli roboanti e nemmeno chitarre arricchite da effetti speciali, ma soltanto la più pura e pulita espressione di uno strumento a corde che Stanley Jordan plasma e comanda con le sue mani tra eteree architetture sonore e garbate improvvisazioni. Gli album che seguiranno non hanno forse mantenuto completamente le premesse mostrate nelle prime due registrazioni ed in particolare in questo Magic Touch.  Ma il chitarrista ha certamente in sè qualcosa di veramente speciale e non a caso è un musicista che si esprime al suo meglio nei concerti dal vivo, dove è più facile apprezzare fino in fondo tutto il suo talento. Resta il fatto che questo disco di Stanley Jordan è diventato un classico ed è in qualche misura un punto di svolta fondamentale nella storia della chitarra jazz moderna. Se siete appassionati del suono della chitarra elettrica e non avete mai ascoltato questo artista, per certi versi unico, vi consiglio di partire da Magic Touch e farvi sedurre dalle sue suggestioni.