Ronnie Foster – Two Headed Freap



Ronnie Foster – Two Headed Freap

La Blue Note è una delle etichette più famose della storia del jazz. I critici musicali, dopo averla a lungo osannata, negli anni ’70 cambiarono completamente registro, osteggiando in modo particolare la svolta funk e soul jazz che la popolare casa discografica aveva intrapreso. Ad onor del vero in quel preciso momento storico la Blue Note stava lottando per la sua stessa sopravvivenza, alla ricerca di una nuova nicchia in grado di catturare qualche successo commerciale. Sì certo, l’epopea dell’hard bop era stata tutt’altra cosa, tuttavia, se si apprezzano anche il soul jazz ed il funk jazz e le relative contaminazioni elettriche, la produzione della Blue Note tra il 1970 ed il 1980 resta una vera miniera d’oro. Il tastierista Ronnie Foster, che era sotto contratto con la Blue Note in quel periodo, fu uno dei più validi interpreti proprio di quel jazz funk elettrico che in seguito diventerà la fondamentale fonte d’ispirazione per il movimento denominato Acid Jazz. Ronnie è di gran lunga più famoso per la sua militanza nel gruppo storico di George Benson che per la sua carriera da solista: una carriera che in effetti ha prodotto solamente otto album in quasi cinquant'anni di attività. La registrazione che segna il debutto di Ronnie Foster, datata 1972, è intitolata Two Headed Freap ed è un insieme di soul jazz funky contemporaneo, qualcosa di stilisticamente molto vicino alle colonne sonore blaxploitation tipo Shaft, Superfly, Black Dynamite o Coffy ed in ogni caso profondamente calata nella realtà musicale del periodo. Ronnie Foster peraltro è un tastierista che ha certamente tratto ispirazione da Jimmy Smith, affinandosi in un modo di suonare che è tuttavia più impegnativo e spigoloso del maestro del soul jazz. Foster mette le sue tastiere al servizio del groove e le fonde con un bel mix di chitarre wah-wah, di ritmi funk, di pulsanti bassi elettrici e tante percussioni. Tutto su Two Headed Freap profuma di groove, ogni suono è al contempo cinematografico, vivace e funky. Non essendo bop è anche vero che qui c'è poca improvvisazione reale e che forse le canzoni hanno tutte un andamento simile, ma l’alchimia funziona davvero bene, così che la musica risulta in definitiva molto attraente per gli appassionati di questo genere. Foster è un virtuoso dell’organo Hammond e Two Headed Freap è quasi un incrocio tra Sly & the Family Stone ed Emerson, Lake & Palmer. In effetti, la title track a tratti suona quasi come un estratto da Tarkus. Ma l’album è pieno di prelibatezze soul-funk, dunque oltre alla citata Two Headed Freap, troviamo "Kentucky Fried Chicken", che è basata su un accattivante riff funk, ma è anche un’autentica orgia organistica che farà la felicità degli appassionati. Molto bello anche "Chunky", brano latineggiante in grado di mettere in luce la virtuosità di Ronnie Foster all’Hammond su una struttura ritmica che potrebbe essere il manifesto del jazz funk degli anni ‘70. Il disco non disdegna qualche puntata più decisa sul soul jazz come ad esempio "Summer Song" che suona come una versione strumentale di una vecchia melodia degli O'Jays, o ancora con la cover di "Let's Stay Together" di Al Green. Ma i brani più interessanti e succosi sono quelli che cavalcano gagliardamente il funk: “Don’t Knock My Love” e “Drawing By The Sea” sono due brillanti esempi di blaxploitation music. Ascoltando canzoni di questo genere è impossibile non pensare alle acconciature afro, alle macchine vistose ed ai pantaloni a zampa d’elefante. L’affascinante e più intima “Mystic Brew” è meno palesemente groovy degli altri brani, tuttavia avrà un gran seguito dagli anni ’90 in poi, al punto da risultare uno dei campionamenti più popolari: A Tribe Called Quest, Madlib, J. Cole tra gli altri hanno attinto da questo pezzo. I puristi del jazz, in particolare coloro che amano l’hard bop dell’epoca d’oro della Blue Note, troveranno forse questa musica un po' monotona e magari fin troppo commerciale, ma i fan del funk vintage degli anni '70 da Sly Stone a Herbie Hancock troveranno Ronnie Foster e il suo Two Headed Freap molto interessante. Foster si destreggia molto bene con l’organo, dimostrando un gran talento: la musica è semplice e diretta, ma sa essere coinvolgente e anche divertente. Eravamo nel 1972 e come detto, la Blue Note stava allontanandosi dalle sue radici: un fatto  che, a mio parere, non può essere descritto come totalmente negativo. A testimonianza della bontà di quei groove, venti anni dopo queste stesse sonorità sono state ereditate dalla stragrande maggioranza dei migliori gruppi dell’Acid Jazz. In ultima analisi Ronnie Foster ci offre un saggio reale della peculiare realtà musicale in voga agli inizi degli anni '70 con dei brani ruvidi e genuini, tecnicamente ben eseguiti e pieni di energia creativa.