The Jazz Defenders - Scheming


 The Jazz Defenders - Scheming

La Haggis Records, etichetta creata dal gruppo funk The Haggis Horns, non si limita più solo a produrre e pubblicare i lavori della band scozzese, ma è in continua espansione e nel suo processo di crescita ha accolto recentemente in scuderia un giovane quintetto di Bristol denominato The Jazz Defenders. Il nome stesso della band in questione è già una dichiarazione d’intenti molto precisa ed ovviamente allude al genere di musica che rappresenta la loro linea guida. I Jazz Defenders sono stati creati nel 2015 dal pianista e compositore George Cooper  che, sebbene sia ancora relativamente giovane, è ben noto come session man di valore ed in carriera ha già lavorato con molti artisti di fama. È anche noto che il suo interesse primario è orientato verso le registrazioni jazz della Blue Note degli anni '50 e '60. Questo album del suo neonato gruppo testimonia proprio il suo rispetto e la sua passione per quello specifico stile musicale. Le belle tracce di questo album non sono solo la pedissequa riproposizione del sound dei grandi del passato come Horace Silver e Art Blakey, ma riflettono anche il talento e la creatività moderna ed attuale di Cooper e dei suoi colleghi collaboratori coinvolti nel progetto. Per questa stimolante avventura nel jazz il bravo pianista ha chiamato Nick Dover (sassofono tenore), Nick Malcolm (tromba), Ian Matthews (batteria) e Will Harris (basso): un combo di grande qualità e dotato di un’innata dinamicità. E’ subito chiaro come i Jazz Defenders prendano spunto dal classico sound hard bop e soul-jazz dell’epoca d’oro delle grandi etichette del passato come la Prestige e la Blue Note. Tuttavia partendo da questa stella polare come riferimento, questi musicisti compiono un loro personale percorso nel jazz contemporaneo, affrancandosi con coraggio e determinazione dalle loro fonti d’ispirazione per cercare una strada che sia attuale e non scontata. Dopo essersi fatti le ossa suonando dal vivo in tutti i locali fondamentali per il jazz a Londra, come i mitici Ronnie Scott’s, The Jazz Cafe e The 606 Club, i Jazz Defenders hanno dunque deciso di registrare finalmente il loro album di debutto, intitolato Scheming e composto da 10 brani originali, uscito sul finire del 2019. Gli strumentali dell’album si caratterizzano anche per il tono disincantato che la band imprime ad ogni traccia, senza al contempo perdere di vista la qualità e l'impegno. Con un gagliardo supporto ritmico alle spalle, tromba, sax e pianoforte (o a volte perfino il piano Wurlitzer o l’organo Hammond) esplorano liberamente direzioni interessanti, lasciando un ampio spazio agli assoli pur mantenendo sempre una mirabile coesione di fondo. Sin dall’apertura dell’album, con il brano Top Down Tourism si assiste ad un vivace scambio di battute tra fiati e piano, delineando così una cifra stilistica che se da un lato strizza l’occhio all’ascoltatore, dall’altro è sorretta da un’esecuzione impeccabile e da una evidente sintonia tra i membri della band. Il divertimento e la bravura di questi musicisti inglesi è chiaramente palpabile sia nei momenti più squisitamente swing come in Everybody’s Got Something sia nelle divagazioni di stampo latin jazz come She’ll Come Round e Costa Del Lol (che già dal titolo dà un indizio importante sul fatto che il gruppo non si prende troppo sul serio). Tra gli altri brani, tutti indistintamente accattivanti, spiccano anche la titletrack Scheming che è un boogaloo soul anni ‘60 con l’organo Hammond assoluto protagonista e la più intima e delicata Rosie Karima. Da non dimenticare anche il notevole groove jazz-funk di Late, che ci riporta ad atmosfere anni ’70 alla Herbie Hancock. Ma va detto che questo è uno di quegli album che si può ascoltare tutto d’un fiato, dall’inizio alla fine. Tutti i musicisti dimostrano un alto grado di competenza e suonano il loro pregevole materiale  originale con  il giusto spirito ed una grande sensibilità, dando luogo ad una riuscita reinterpretazione del soul-jazz degli anni ‘60. Consigliato.