Roy Ayers – West Coast Vibes


 Roy Ayers – West Coast Vibes

Siamo abituati a conoscere Roy Ayers per la sua produzione musicale degli anni ’70 e ’80 che fu strettamente legata al jazz funk e che in seguito arrivò perfino alla disco, senza dubbio accarezzando nei fatti uno stile decisamente più commerciale. Tuttavia la formazione artistica del grande vibrafonista è indubbiamente di stampo jazzistico ed all’inizio della sua carriera (parliamo dei primi anni ’60) lo stile che caratterizzava Ayers era quello dell’hard bop. Lontano anni luce dai successi discografici che verranno negli anni ’80, il grande Roy, allora ventitreenne, si affacciava in quel periodo al mondo del jazz in modo già significativo, sulla scia dei grandi vibrafonisti storici che lo avevano preceduto. L’album di cui voglio parlarvi è la sua opera prima, si intitola West Coast Vibes e fu pubblicato nel 1963. Siamo quindi nei primissimi anni ’60 e Roy Ayers, mentre lavorava a Los Angeles come accompagnatore del pianista Jack Wilson, fece amicizia con il critico jazz nonchè produttore Leonard Feather. Da questo rapporto alla fine nacque il primo contratto discografico da solista del vibrafonista. Questa rara sessione di registrazioni di Ayers rimane, insieme al successivo Virgo Vibes, la più pura espressione musicale jazz della sua lunga carriera, senza traccia alcuna delle aperture commerciali presenti nei suoi lavori pubblicati più avanti per l’etichetta Polydor. Per gli ascoltatori più avvezzi alle sonorità jazz-funk di tempi più recenti come Coffy, He's Coming o Everybody Loves the Sunshine, i toni caldi e classici del vibrafono e del repertorio di Ayers suoneranno come una vera sorpresa. Per i più integralisti tra gli amanti del jazz invece, un album come West Coast Vibes risulterà una gradita rivelazione. Inutile aggiungere che per tutti coloro che apprezzano in modo specifico lo strumento vibrafono questo lavoro diventerà imprescindibile. Va sottolineato che, allora come oggi, l’approccio di Roy alle percussioni è assolutamente unico ed è molto interessante ascoltarlo mentre opera in contesti jazzistici convenzionali, non elettrificati e molto lontani da ogni genere di contaminazione. La band che accompagna Roy Ayers in questo album include il pianista Jack Wilson e Curtis Amy ai sassofoni tenore e soprano più alcuni altri validi musicisti dell’area californiana, su tutti il bassista Victor Gaskin e poi i batteristi Tony Bazley e Kenny Dennis. Erano musicisti non particolarmente famosi all’epoca ed il trascorrere del tempo non ha di fatto cambiato molto la loro fama o il loro successo personale, ad eccezione ovviamente del vibrafonista. Qui Ayers esplora il repertorio classico fatto di standard che era praticamente all'ordine del giorno di ogni jazzista nei primi anni '60 ma il programma prevede anche  alcuni brani originali. Ad esempio se mettiamo a confronto l’interpretazione di "Reggie Of Chester" di Benny Golson che troviamo su West Coast Vibes e quella di Lee Morgan di pochi anni prima non troveremo grandi differenze di approccio: le linee suonate da Roy Ayers, che per un vibrafono potrebbero non essere le più semplici da eseguire, si rivelano invece brillanti, al livello di quelle del grande trombettista. L'originale di Ayers "Ricardo's Dilemma" è curiosamente simile, più nello spirito che nella sostanza, al tema del film "La strana coppia" di Neil Hefti che è però del 1968.  Qui va sottolineata la performance al sax soprano di Curtis Amy, davvero notevole e apprezzabile anche per la sua morbida sonorità, che ricorda quella di un grande come Sonny Criss. La presenza di alcuni musicisti piuttosto sconosciuti  ma anche, purtroppo, sottovalutati è un po’ il tratto distintivo di questo album, confermata dalla partecipazione del sassofonista e cantante Vi Redd così come da quella del trombettista Carmell Jones. Ma tornando a Roy Ayers troviamo qui un vibrafonista dalle grandi doti tecniche, forse non ancora affrancato dall’eredità del passato, ma certamente già in evidenza per originalità e groove. Il seguito a questo album, intitolato Virgo Vibes, arriverà a distanza di 4 anni, nel 1967, e vedrà un Roy Ayers nuovamente impegnato con un puro repertorio jazzistico e contenuti probabilmente anche più maturi e consapevoli. L’excursus nel jazz classico da parte di questo vibrafonista sarà concluso solo un anno dopo, dall’album Stoned Soul Picnic che resta di fatto una transizione verso il soul jazz: una strada poi intrapresa con decisione e perseveranza e che sfocerà per Roy Ayers nell’abbraccio definitivo di un genere ancora più elettrico quale il jazz funk. Ciò che Ayers proporrà negli anni ’70 è cosa nota e gli garantirà una grande popolarità, ferma restando la sua proverbiale abilità tecnica ed il suo innato talento sia come vibrafonista che come compositore. West Coast Vibes è quindi una delle poche testimonianze disponibili di un musicista impegnato nel jazz, particolarmente apprezzabile proprio perché è ancora lontano dalla sua svolta elettrica e funk. E’ inoltre un'ulteriore prova del fatto che nel jazz della West Coast del suo periodo di massimo splendore c'era molta più sostanza e qualità di quanto gli stereotipi vogliano attribuirgli, specie quando viene accostato allo stile della Costa Est.