Bill LaBounty – Into Something Blue


Bill LaBounty – Into Something Blue

Bill LaBounty è un personaggio schivo. Cantautore e pianista, formò nel 1969 a Nashville, Tennessee, , un gruppo chiamato Fat Chance con l’amico Steve Eaton, per poi tentare la fortuna nel 1972, trasferendosi a Los Angeles: l’esperienza fallì per futili motivi e così il gruppo si sciolse. Da qui nasce la carriera solistica di uno dei migliori cantautori della West Coast, un artista che con la sua sensibilità ed il suo talento è riuscito a scrivere pagine di musica memorabili che purtroppo non hanno avuto il successo internazionale che avrebbero meritato. Come altri musicisti dell’area californiana lo stile di LaBounty è influenzato anche dal jazz contemporaneo, che, pur essendo piuttosto sfumato nella sua musica, resta comunque uno dei punti di riferimento fondamentali. Non a caso i suoi arrangiamenti sono sempre raffinati e complessi e nei suoi lavori si respira un atmosfera di eleganza e compostezza sottolineata dalla presenza dei migliori musicisti sulla piazza, provenienti spesso dall’ambiente jazz/fusion. Bill La Bounty è un vero specialista del piano elettrico, una tastiera che nelle sue opere non manca mai, sia esso il Wurlitzer o il più popolare Fender Rhodes: insieme alla sua caratteristica voce sono questi i suoi marchi di fabbrica inconfondibili. Alcuni suoi album hanno una più marcata radice nella musica popolare americana e negli anni ’90 parte delle sue composizioni furono addirittura decisamente country, soprattutto quelle scritte per altri artisti, ma Bill è da annoverarsi tra quei cantautori che meglio identificano il sound tipico della West Coast. La scarna discografia solistica di Bill in un arco di oltre 40 anni comprende: Promised Love (1975), This Night Won’t Last Forever (1978), Rain My Life (1979, disco a dir poco splendido) Bill LaBounty (il suo capolavoro del 1982 che contiene la celeberrima Livin’ it up). Questi primi 4 album furono incisi per la Warner Bros. Nove anni dopo uscì The Right Direction (1991), e a distanza di ben 13 anni fu pubblicato Best Selection (2004) che altro non era se non un’antologia di successi. Ci vollero la bellezza di diciotto anni perché Bill LaBounty pubblicasse un lavoro inedito, il cui titolo era Back To Your Star (2009): di nuovo un album bellissimo. Nel 2011 la Rhino Records France ha fatto uscire un cofanetto con 4 CD che raccoglievano tutta la produzione di Bill con in più un sacco di inediti: il titolo era Time Starts Now. Il suono era stato ripulito e risultava decisamente più energico rispetto agli originali. Nelle lunghe pause a livello di attività solistica il nostro Bill non è rimasto tuttavia inattivo, componendo canzoni per molti artisti come ad esempio Randy Craword e collaborando con musicisti del calibro di James Taylor, Jeff Porcaro, Larry Carlton, Steve Lukater, Lenny Castro, Steve Gadd e David Sanborn. La lettura attenta delle sue canzoni, delle sue composizioni e dei suoi arrangiamenti fanno affiorare alla mente il paragone con il miglior Donald Fagen di The Nightfly o del Joe Jackson di Night And Day, ma anche con Christofer Cross, Gino Vannelli, Marc Jordan o Michael McDonald. Into Something Blue è il suo ultimo album datato 2014 ed è di questo che voglio parlarvi. Pubblicato a “soli” cinque anni dal precedente inedito è un lavoro molto interessante, un’ideale continuazione del precedente Back To You Stars, probabilmente maggiormente tinto di jazz rispetto alle ultime uscite. Comprende 11 nuove canzoni, tra cui alcune sue meravigliose composizioni ed alcune cover come Funny But I Still Love You di Ray Charles e Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan. Nella curatissima versione CD giapponese è inclusa una bonus track intitolata Corporate Rock And Roll che però resta un rock di maniera e nulla più. Quello che dovete aspettarvi sono suoni morbidi, vellutati, arrangiamenti discreti ma concreti e raffinati, sonorità decisamente jazz, colorate spesso di sapori blues. E in più un’inedita carica di energia. E’ il sound della West Coast del terzo millennio con tutto il fascino e la piacevolezza di quello degli anni ’70 arricchita da un tocco di moderna sensibilità. Bill LaBounty è splendido alla tastiere ed i musicisti che lo accompagnano per l’occasione brillano come sono soliti fare tutti gli artisti che anche in passato hanno lavorato con il cantautore americano. Una citazione la merita Mark Douthit al sax tenore, decisamente superlativo ed ancora il famoso Larry Carlton, virtuoso della chitarra, qui presente in vari brani. Ma si sa, Bill nei suoi album utilizza i migliori musicisti disponibili sulla piazza. West-coast sound, cool modern blues, contemporary jazz sound, il tutto condito da delle liriche sempre intelligenti. Into Something Blue possiede un sound adatto alle orecchie più raffinate, perfetto per chi frequenta i territori del pop più raffinato venato di jazz e, perchè no ? per chi ama gli artisti di nicchia. Apre le danze All This Time, superba e dai suoni languidi ma ispirati, seguono e vanno segnalate soprattutto Funny But I Still Love You di Ray Charles, in stile blues, una Lover Man assai apprezzabile così come un classico di Jerry Leiber e Mike Stoller: If You Don’t Come Back. Il brano meno convincente, come forse era prevedibile, è invece la cover di Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan. Ma va detto che un po’ tutte le canzoni hanno qualcosa da dire e racchiudono un forte impatto emozionale. L’ultimo lavoro di Bill LaBounty è un album che riserba un ascolto di grande atmosfera che consiglio a tutti coloro che amano quel certo tipo di musica a cavallo tra pop, jazz, blues, soul e West Coast. Aristocratico ed elegante è anche un bellissimo modo per accostarsi ad un grande e misconosciuto musicista che da quasi 50 anni è in grado di regalare al pubblico ottime vibrazioni e grande qualità in tutto quello che fa.