Duke Ellington – The English Concert


Duke Ellington – The English Concert

Duke Ellington è considerato, a ragione, uno dei massimi compositori del '900 e uno dei più grandi tra i tanti geni del jazz. La sua musica non può restare confinata nell’ambito del jazz stesso ma deve necessariamente essere valutata andando oltre qualsiasi etichetta di genere. Grande è stata e rimane la sua influenza su intere generazioni di musicisti: partendo dalle orchestre bianche di Woody Herman e Charlie Barnet fino a Thelonious Monk e Charles Mingus, per arrivare addirittura alle avanguardie di Sun Ra o Archie Shepp. Ma la verità è che non esiste alcun jazzista che in un modo o nell’altro non abbia un debito artistico nei confronti del “Duca”. La sua epoca d’oro fu quella che a partire dagli ’30 decretò il massimo splendore delle grandi orchestre, tuttavia Duke Ellington rimase attivo anche in epoche più recenti come ad esempio durante gli anni '60 e gli anni '70, nel corso dei quali, praticamente fino alla sua scomparsa, il pianista e compositore portò la sua orchestra in giro per il mondo, ampliando la portata dei suoi viaggi per veicolare il suo personale messaggio musicale praticamente ovunque si potesse organizzare un concerto. Colto, raffinato, intelligente e creativo Duke Ellington ha incarnato l’essenza stessa del jazz per oltre 50 anni, guadagnandosi il rispetto di tutta la comunità musicale, compresa quella classica e diventando un’icona imprescindibile di un genere. Probabilmente è il jazzista più famoso e popolare anche tra i non addetti ai lavori. Questa registrazione del 1999, intitolata “The English Concert” raccoglie la testimonianza di tre diversi concerti, tenuti dalla grande orchestra di Ellington nel corso di una fortunata tournée in Gran Bretagna. Il primo è relativo alla serata svoltasi al Teatro Odeon di Bristol il 22 ottobre 1971; le altre due performance, presumibilmente un matinee e uno spettacolo serale, si sono svolte presso il Birmingham Theatre di Birmingham il 24 ottobre 1971. Originariamente pubblicata dall'etichetta United Artists, che possiedo personalmente in vinile doppio, questa è una testimonianza importante dell’universo ellingtoniano, pur essendo relativamente sconosciuta. L’interesse scaturisce dalla presenza di due dei più smaglianti esempi delle capacità compositive del Duca. L’impressionante e composita "Togo Brava-Brava Togo Suite" (che il compositore spiega delicatamente nell’introduzione al brano descrivendola così"... un centinaio di chilometri di bella spiaggia di sabbia d'argento rivolta verso l'equatore sulla sporgenza occidentale dell'Africa"). E un’altra suite di stampo africano intitolata "La Plus Belle Africaine" estremamente evocativa e articolata. Ellington anche in questo caso spiega al pubblico come questo pezzo sia stato composto in previsione della "prima visita in Africa" dell’orchestra dopo che egli stesso aveva scritto musica ispirata all’ Africa nei precedenti trentacinque anni. I membri della big band sono tutti di altissimo livello, come d’abitudine negli ensemble orchestrati da Ellington: i  trombettisti Cootie Williams, Money Johnson e Johnny Coles; i trombonisti Chuck Connors e Booty Wood; i sassofonisti Harry Carney, Paul Gonsalves e Harold Ashby; gli atri sax e flauti di Harold "Geezil" Minerve e Norris Turney ed il bassista Joe Benjamin, che duetta con il Duca sulla stupenda "Lotus Blossom" di Billy Strayhorn. "Happy Reunion" è eseguito da un quartetto composto da Gonsalves più la sezione ritmica. "Checkered Hat " è il ritratto musicale che Norris Turney fa di Johnny Hodges: si tratta di un omaggio commovente al bravissimo alto sassofonista che era scomparso improvvisamente solo pochi mesi prima. Tutto in queste quattro facciate di grande musica dal vivo trasuda il vero jazz e grandissime vibrazioni positive. Questo è un eccellente album del tardo Duke Ellington, con il grande merito di aver catturato la sua grande orchestra in splendida forma e con il maestro ancora in grado di regalare emozioni con il suo pianoforte e le sue fantastiche composizioni. Un disco che merita senza dubbio un riconoscimento più ampio ed un ascolto appassionato e approfondito. Duke Ellington andò ben oltre gli schemi tecnico-interpretativi del jazz dell'epoca. Più spesso, nel suo caso, si deve parlare di musica espressionista del Novecento, e l'idea che le sue composizioni fossero dei "quadri musicali" o che egli riuscisse a "dipingere con i suoni", fu un concetto più volte espresso dallo stesso Ellington, che non a caso in gioventù aveva lungamente coltivato anche una certa passione per la pittura. La perfetta intesa con ogni singolo membro della varie incarnazioni delle sue orchestre portò il Duca a plasmare il suono secondo i dettami della sua inventiva, ricavandone un risultato musicale unico e inconfondibile, quasi che l'orchestra fosse un unico strumento nelle sue mani. Genio assoluto.