John Patitucci – John Patitucci


John Patitucci – John Patitucci

Gli anni ’80 videro un fiorire di talenti del basso elettrico nel jazz. Complice la tendenza alle contaminazioni con il funk ed in parte anche con il rock ebbero modo di venire alla ribalta diversi musicisti di grande valore e di tecnica sopraffina. Erano un po’ come dei figli artistici, per così dire, di Jaco Pastorius, Stanley Clarke e altri capostipiti di un modo nuovo di interpretare il basso: più dinamico, più muscolare, financo più spettacolare. Da lì in avanti il basso elettrico si trasformò da semplice motore ritmico a qualcosa di diverso, per molti versi sovrapponendosi alla chitarra. Sulla scia dei primi ed insuperati geni, furono in molti ad affermarsi ed a caratterizzare la musica dei decenni a venire. Tra i tanti incredibili interpreti di questo affascinante strumento, del quale controllavano con perizia ogni sfumatura, va senza dubbio annoverato anche John Patitucci. Personaggio particolare con una vocazione quasi maniacale verso il basso fin dalla più tenera età, John aveva ben chiaro quale dovesse essere il suo destino già a dodici anni. Ad una età durante la quale la maggior parte di noi è di solito preoccupato per la scuola o magari fissato con uno sport, Patitucci si dimostrò determinato a diventare un musicista professionista. Non proprio una cosa usuale, in effetti. Ma Patitucci era più maturo della sua età, era consapevole di avere le capacità e la giusta attitudine per la musica. A questa caparbietà aggiunse il duro lavoro, la determinazione e lo studio costante ovvero quelle peculiarità che sarebbero poi diventate il suo vero biglietto da visita. Così John iniziò effettivamente a suonare il basso elettrico, ma a quindici anni unì a questo anche una viscerale passione e dedizione per il contrabbasso acustico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti gli appassionati e ha portato il musicista newyorkese ad essere considerato da molti uno dei bassisti più talentuosi del pianeta. Con una nota di merito e di distinzione particolare, se si considera che è tra i pochi a padroneggiare sia l'elettrico che l'acustico con uno stupefacente livello di virtuosismo. D’altra parte ha forgiato la sua preparazione all’interno di un contesto tra i più stimolanti e creativi del secolo scorso: le Elektric e Akoustic band di Chick Corea. E’ proprio uscendo finalmente dall’ombra del gigante Corea e dei suoi formidabili compagni d’avventura che Patitucci ha dato alla luce nel 1987 il suo album d’esordio. Fu un brillante e piacevole debutto da solista, scandito con vigore e classe dal suo brillante modo di suonare il basso. Fuori dalle band di Corea, John espresse subito la sua tecnica sopraffina, caratterizzata da uno stile slap funk, del quale è un fantastico esponente, ma ricamando al contempo linee fluide e sofisticate sul suo basso a cinque corde. Patitucci, non è mai sopra le righe ed esibisce la compostezza ed il rigore di un grande bassista spingendo tuttavia spesso il suo strumento nella gamma della chitarra. Anche dal punto di vista compositivo i brani di John risultano interessanti, molto ben articolati e soprattutto non troppo legati ai cliché del jazz-rock o della fusion. Il jazz è ben presente ed anche se è virato con contemporaneità e sempre elettrico, non è un semplice sentore. Pezzi come Growing, Baja Bajo, Killeen, Searching, Finding o Wind Sprint descrivono in modo eloquente la bravura di Patitucci come solista e, sia pure con qualche influenza evidente derivata direttamente da Chick Corea, testimoniano l’originalità e la creatività del musicista. Di certo in questo suo album d’esordio Patitucci riceve un sostanziale aiuto da parte di un gruppetto di fantastici musicisti, tra i quali lo stesso sorprendente Chick Corea (che è anche il produttore del lavoro) ed un trio di batteristi che si alternano e che rappresentano il gotha mondiale dello strumento quali Dave Weckl, Peter Erskine e Vinnie Colaiuta. La ciliegina sulla torta è rappresentata dal sax tenore di Michael Brecker, che come sempre aggiunge qualcosa in più a qualsiasi progetto musicale. Non c’è alcun dubbio, che questa opera prima di John Patitucci accrebbe in modo esponenziale la reputazione di questo formidabile musicista, lanciandolo verso una luminosissima carriera. Non a caso John ha vinto in seguito molti sondaggi indetti dalle riviste specializzate proprio per le sue indiscusse capacità e lo stile originale che caratterizzano il suo approccio con lo strumento. È risultato tra l'altro "migliore bassista jazz" in un sondaggio dei lettori indetto dalla rivista Guitar Player Magazine nel 1992, 1994 e nel 1995 e "miglior bassista jazz" in quello della rivista Bass Player nel 1993, 1994, 1995 e 1996. Questo album omonimo, il primo da solista di un grande maestro del basso, è un lavoro storicamente importante, che era già avanti a fine anni '80 e tuttora si mantiene attuale ed interessante. E’ un disco per appassionati del basso come strumento, ovviamente è imperdibile per gli amanti della fusion ma risulta apprezzabile anche da coloro che amano il jazz: è sufficiente per consigliarlo caldamente, anche in virtù di una registrazione dalla qualità straordinaria.