Bob Baldwin – Songs My Father Would Dig


Bob Baldwin – Songs My Father Would Dig

Bob Baldwin è un pianista americano che fin dalla più tenera età è stato educato alla musica da suo padre, che era a sua volta pianista e insegnante. Come spesso accade, i suoi riferimenti sono stati le più iconiche tra le leggende del jazz: Miles Davis, Oscar Peterson, John Coltrane. Con un pianoforte verticale in casa, un impianto stereo sempre in funzione e gli insegnamenti paterni ebbe l’opportunità di studiare e suonare apprendendo la tecnica jazzistica, il fraseggio ed il groove della musica afroamericana, affinando così le sue doti ed il suo talento. Dal 1983 ha iniziato a produrre musica abbracciando lo stile fusion/smooth jazz e mantenendo questa connotazione artistica per circa 40 anni. Finalmente alla fine del 2023 ha deciso di registrare un album di rottura con la passata produzione, optando per un jazz moderno ma virato su una forma più tradizionale. Allo scopo ha riunito un trio con il batterista Tony Lewis, il bassista acustico Richie Goods e il percussionista Edson "Café" da Silva per dare alla luce un lavoro in onore di suo padre, nel frattempo scomparso. Il progetto risulta senza dubbio riuscito: da un lato per la scelta del materiale musicale, dall’altro perché consente finalmente di poter apprezzare Bob Baldwin come pianista acustico pieno di talento. L'intero album è stato registrato in un giorno. La scaletta è composta per metà da brani composti da John Coltrane, Miles Davis, Herbie Hancock e Stevie Wonder. L'altra parte è caratterizzata invece da una manciata di composizioni originali di Baldwin con un'eccezione: "To Wisdom, The Prize" che è stato scritta da suo cugino Larry Willis. Willis è stato anche lui un pianista di spessore e qualità, che ha suonato nella band dei Blood, Sweat & Tears e per lungo tempo con Roy Hargrove e Hugh Masekela. Il cool jazz degli anni ’60 fu il periodo preferito dal papà di Bob e ovviamente la parte più importante della sua formazione musicale. Il progetto che sta dietro Songs My Father Would Dig è di grande importanza per il pianista newyorkese perché rappresenta l’apice della sua carriera, ma anche il mezzo che gli ha consentito di rendere omaggio nel migliore dei modi alla sua importante figura paterna, attraverso la scelta dei brani che egli preferiva. Una parte del jazz degli anni '60, ad eccezione del free e dell’avanguardia, aveva anche un leggero tocco soul e pop ed era forse più facile per chi non masticava molto la musica. Era piacevole, a volte leggero e alla fine divenne il trampolino di lancio per il jazz contemporaneo negli anni '70. In una riflessione personale riguardo al suo nuovo album Baldwin ha detto: “Mio padre era un uomo del Rinascimento, un maestro della fotografia, della musica e del biliardo. Da bambino, ho assorbito la sua grandezza, trascorrendo innumerevoli serate nel nostro soggiorno, che era un santuario pieno dei suoni delle leggende del jazz: quello è stato il luogo in cui è sbocciato il mio amore per la musica. Immergendomi in brani classici e standard jazz come "In a Sentimental Mood", "Misty" e "A Night In Tunisia" ho cercato di imparare con naturalezza l’essenza di questo affascinante linguaggio musicale. Questo lungo viaggio artistico mi ha portato ai Samurai Studios, dove ho trovato un pianoforte Steinway di oltre 100 anni con un sound ricco e cristallino, che ha donato alla sessione di registrazione quasi una comunione spirituale con mio padre. Era come se fosse presente, guidandomi attraverso la musica che è diventata Songs My Father Would Dig.” Tutto ciò si riflette appieno in questo bellissimo lavoro di Baldwin, nel quale i 4 musicisti sembrano davvero raggiungere una dimensione trascendente, spinti dai ricordi e dalle esperienze personali. C’è una sorta di abbandono al fluire della musica, uno straordinario interplay tra i musicisti stimolati in ultima analisi anche dallo stupendo materiale scelto. Di fatto è un vero piacere ascoltare un pianista talentuoso come Bob Baldwin alle prese finalmente con il jazz acustico più classico, senza alcuna mediazione elettronica. Solo un pianoforte, un contrabbasso, una batteria ed una spruzzata di percussioni. Tra i brani sono degni di nota tutte le cover proposte, come Equinox di Coltrane, Nardis di Bill Evans, Dolphin Dance di Hancock, Star Eyes di Parker ed una meravigliosa interpretazione di Overjoyed di Stevie Wonder. Le composizioni originali di Bob sono parimenti interessanti e denotano da parte del pianista una notevole padronanza del linguaggio jazzistico. A ribadire lo spessore del personaggio, oltre alla sua prolifica carriera come tastierista smooth jazz, Bob dal 2008 è conduttore e produttore di NewUrbanJazz Radio, un programma radiofonico a diffusione nazionale di grande successo. Songs My Father Would Dig è un bellissimo album, uno dei migliori dell’ultimo periodo: è godibile, fluido e piacevolmente sofisticato. La speranza è che Bob Baldwin continui a proporre questo stesso tipo di musica anche in futuro. Consigliato a tutti.