Harvey Mason – Chamaleon


Harvey Mason – Chamaleon

Se il tuo soprannome è "Camaleonte" una ragione dovrà pur esserci. Nel caso di una leggenda mondiale della batteria come Harvey Mason  l'appellativo deriva dalla facilità con cui questo meraviglioso musicista si sposta attraverso i diversi generi musicali. Ovviamente è il jazz, ed in particolare la jazz-fusion, il territorio nel quale Mason si è guadagnato fama e rispetto unanimi, ma lui ha davvero toccato stili eterogenei e differenti, con una ecletticità straordinaria. Batterista dalla precisione memorabile e dalla tecnica sopraffina, Mason si distingue al contempo per una sobrietà ed un controllo tali da renderlo veramente uno dei più grandi esponenti mondiali della storia recente del suo strumento. E’ altresì un dato di fatto che un’intera generazione di più giovani colleghi batteristi si siano ispirati al suo lavoro ed al suo stile. Non bisogna però dimenticare che la maggior parte degli appassionati  di jazz contemporaneo conoscono Harvey soprattutto per la sua (relativamente recente) militanza con i mitici Fourplay di Bob James. Tuttavia il grande Mason è molto di più di questo, come dicevo: una moltitudine di artisti pop, R&B, soul e hip-hop hanno utilizzato le doti di Mason, sia come turnista che dal vivo in concerto oppure tramite le campionature digitali. Un elenco che comprenda tutte le sue collaborazioni è virtualmente impossibile, ma giusto per citare alcuni artisti che si sono avvalsi della sua batteria posso ricordare Barbara Streisand, James Brown, Stevie Wonder, Michael Jackson, The Notorious B.I.G. e ovviamente Herbie Hancock. Mason è straordinario anche e soprattutto quando si confronta con il jazz che è poi il suo vero grande amore. E’ quindi naturale che Chamaleon sia, e non a caso, il titolo dell'ultimo album (datato 2014) di questo autentico mito del drumming. L’amicizia e la relativa collaborazione con Herbie Hancock spiegano ancora meglio il motivo per cui Mason indossi così bene il vestito di musicista polivalente. Harvey ha suonato nel capolavoro del 1974 di Hancock, HeadHunters, e ha contribuito a scrivere la canzone più famosa dell'album, quella che si intitola proprio "Chameleon". Anche questa stessa traccia è presente nel nuovo album. Analizzando il contenuto del disco si nota come ben sei dei dieci brani siano composizioni alle quali Mason ha lavorato in precedenza come batterista e percussionista: Chameleon sembra quindi essere, almeno in parte, una retrospettiva della sua intera carriera. Si parte con Before The Down che originariamente era inserito nell’omonimo album di Patrice Rushen: l’atmosfera jazzistica e un po’ dark è restituita in maniera conforme al pezzo del 1975. Molto bella Either Way che è una composizione originale dello stesso Mason dove spiccano piano elettrico e chitarra ma che colpisce soprattutto per un meraviglioso drumming del leader. Altrettanto interessanti sono Looking Back e Looking Forward, due fantastici esempi di jazz funk che non possono non evocare immediatamente il sound degli HeadHunters. Mase’s Theme è un brano ugualmente iconico dello stile funky alla Hancock maniera, groove alle stelle! Non manca un tributo a Bobby Hutcherson con un bella cover di Montara  Il batterista di Atlantic City rende omaggio anche a Grover Washington, Jr. e Donald Byrd con i quali ha ugualmente suonato in passato. C’è "Black Frost" di Grover, la quale presenta una meravigliosa linea di basso funk ed un eccellente lavoro di sassofono di Kamasi Washington. "Places and Spaces" di Byrd mostra un arrangiamento più introspettivo dell'originale del 1975, che suonava più spumeggiante ma che qui appare più eterea e misteriosa anche se meno solare. Mason ha inserito in questo album una sua cover di “If I Ever Lose This Heaven”, apparso sull’album Body Heat di Quincy Jones. La versione aggiornata è arrangiata con un taglio maggiormente neo-soul, a dimostrazione della modernità del sound di Harvey. Ed infine è proprio Chamaleon a chiudere l'album: il remake del famoso brano che dà il titolo a questo lavoro ha giustamente un sound molto funky, un chiaro richiamo agli HeadHunters. La batteria di Mason riesce a distinguersi fornendo al contempo anche una piattaforma perfetta per la creatività del sassofono.  Anche in questa rinnovata versione il brano non perde una virgola della sua potenza e della sua suggestione. Moltissimi giovani musicisti hanno tratto ispirazione dalla produzione jazz-funk degli anni '70 di cui Harvey Mason fu un protagonista con Herbie Hancock, Dave Grusin, Grover Washington, Patrice Rushen, Bobby Hutchersn e Donald Byrd. Ma non troverete qui nessuna nostalgica indulgenza: Chamaleon è attuale e moderno, vitale e dinamico pur citando molta musica del passato. In effetti è un gran bel disco che non deluderà gli appassionati di fusion e sicuramente appagherà gli estimatori della batteria suonata ai massimi livelli. Il re della versatilità ha colpito nel segno ancora una volta. Consigliato.

Redtenbacher’s Funkestra - Hausmusik


Redtenbacher’s Funkestra - Hausmusik

Redtenbacher's Funkestra, probabilmente vi chiederete: chi sono costoro? Domanda lecita, dato che questa band è sicuramente piuttosto sconosciuta al grande pubblico. La storia di questo ensemble molto particolare nasce dalla volontà del bassista austriaco Stefan Redtenbacher di creare qualcosa di originale nella formula e nel sound, partendo da una base che rispondesse a due requisiti fondamentali: essere funk e avere il “groove”. Ebbene il musicista, trapiantato dal 2005 a Londra, è riuscito nel suo intento, affinando album dopo album il sound e arrivando infine  ad un collettivo musicale davvero dinamico e vivace. Qui nel suo ultimo Hausmusik il funk ed il jazz si sposano con una deep house tanto intensa quanto ballabile, corroborata da un sound degno di una big band, in cui i fiati roboanti, le irresistibili linee di basso, le chitarre wah wah, la batteria e l’organo danno all’impalcatura una solida base. Niente campionamenti, diavolerie elettroniche ridotte all’essenziale ed invece grande abbondanza di veri musicisti e concreti strumenti analogici. Il progetto nasce già in Austria, dove Stefan ha inizialmente intrapreso il suo viaggio creativo, ma è sulla scena musicale londinese che tutto prende davvero forma, grazie ai grandi musicisti con i quali il bassista è venuto in contatto. E’ così che il funk, genere che Redtenbacher ha da sempre ascoltato ed amato, si è definitivamente impossessato della sua anima. Grazie a questo la sua esperienza è andata maturando di giorno in giorno. Certo resta percepibile una forte influenza mutuata dalla migliore Deep House americana ed europea, ma il progetto Funkestra sembra andare ben oltre, esplorando altri orizzonti, in qualche misura decisamente originali. Ci sono echi della disco funk anni '80 e un chiaro riferimento ai suoni vintage ancora precedenti: troviamo i classici ritmi di batteria, il basso che detta straordinarie basi su cui costruire l’architettura musicale  e soprattutto una ricchissima sezione fiati. Un progetto ambizioso ed impegnativo, anche dal punto di vista degli arrangiamenti, dato che tutto questo viene eseguito non da un piccolo gruppo bensì da una trentina di musicisti. Ne esce fuori un album  jazz/funk strumentale molto intenso, divertente ed anche ballabile,  con un ottimo interplay tra tutti i membri della band. Le influenze musicali da cui Stefan ha attinto sono ovviamente molteplici e tuttavia ci sono alcuni punti di riferimento più delineati: anche se questo è un album strumentale, Redtenbacher è stato ispirato da artisti classici come gli Earth, Wind & Fire, The Jackson Five e lo stesso Michael Jackson, ovviamente James Brown ed anche i Tower of Power. Però nella musica della Funkestra si possono riscontrare assonanze con musicisti contemporanei come Marc Ronson, gli Jamiroquai o gli Incognito. Per finire non sono state dimenticate le classiche registrazioni delle Big Band di Count Basie o Quincy Jones e altri artisti jazz degli anni '60 e '70 tra i quali i mitici Brecker Brothers o Herbie Hancock. I 10 brani originali contenuti in Hausmusik sono una lunga cavalcata piena di energia contagiosa. Un treno funky che corre su ogni traccia di questo album in cui la vitalità e lo spirito di questi fantastici musicisti vi farà venire voglia di battere il tempo ed alzare il volume del vostro impianto. Per tutte parla la prima traccia, "Royal Rooster" che suona come una "Disco Inferno" più jazzata ed è una gioia per le orecchie. A seguire, una dopo l’altra, la Funkestra inanella un pezzo più bello dell’altro. Sempre in bilico tra discoteca, deep house,  funk e jazz, non mancano le citazioni meravigliosamente vintage, e perfino quelle lounge.  La chiusura è affidata a "The Sound of Dazz" che diventerà presto un classico della deep house.  Ci sono anche 3 remix per un totale di 73 minuti di travolgente musica. Una nota è doverosa per la bella copertina dell’album che è stata brillantemente realizzata da Julian Black, ed è ovviamente ispirata dalle classiche cover di Reid Miles realizzate per l’etichetta Blue Note: un modo per rendere omaggio al grande contributo dato da questo artista grafico all’immaginario collettivo del jazz. Questo è il miglior lavoro della Redtenbacher’s Funkestra fino ad ora, ma sono sicuro che questa geniale orchestra funky riserverà altre positive sorprese in futuro.

Special EFX – All Stars


Special EFX – All Stars

Mi sono accorto di non aver ancora parlato, in questa sede, del gruppo fusion Special EXF: una band storica della fusion della prima ora. Certamente è una di quelle che più di altre hanno lasciato un segno tangibile tra i molti che hanno animato questo genere a partire dagli anni ’80. L’uscita di un nuovo album è l’occasione giusta per colmare questa lacuna. E’ il talentuoso chitarrista Chieli Minucci il leader di questo vero e proprio collettivo musicale chiamato Special EFX: lui è anche il superstite di quello che nacque inizialmente come un duo, completato dal compianto percussionista George Jinda. Dopo aver prodotto molti album e averne firmati altrettanti anche a suo nome il buon Chieli, negli ultimi anni, ha trascorso molto tempo in tour ,in giro per il mondo, con una formazione di grandi musicisti che hanno contribuito in varia misura a creare quello che è il marchio di fabbrica internazionale della band. Quando Minucci ha iniziato a scrivere il materiale per il 21° album del gruppo, gli è venuta un’idea: invitare tutti i musicisti che a vario titolo hanno fatto parte della band a partecipare alla registrazione di materiale inedito da inserire nel nuovo disco. Lo splendido risultato di questo lavoro è "All Stars", un titolo che racchiude nella sua sintesi il concetto che sta alla base di questo nuovo album. E’ un fantasioso collage di jazz contemporaneo, world music e fusion in uscita proprio in questi giorni. Da qualche tempo  è possibile ascoltare in anteprima nelle radio "Hanky Panky Boys", un brano cool e un po’ retrò che vede la chitarra di Minucci dividersi la scena con il sassofonista Eric Marienthal. Dice Minucci: "È stata la prima melodia che ho scritto appositamente per l'album e mi pare davvero che non suoni come i classici degli Special EFX. Volevo scrivere qualcosa di un po' diverso da suonare nelle jam session dei festival jazz, un pezzo che richiamasse quasi uno standard. Scriverlo mi ha esaltato e mi ha ispirato a comporre altra musica per il progetto". Chieli Minucci ha inserito quattordici canzoni in "All Stars" e in ognuna ha ritagliato uno spazio per gli artisti di talento che con lui hanno messo a fuoco la sua visione eclettica della musica. Il tutto insieme ai membri fissi della band ovvero Jay Rowe (tastiere), Jerry Brooks (basso) e Joel Rosenblatt (batteria). Tra le dozzine di guest star dell'album ci sono la violinista Regina Carter, il sassofonista / flautista Nelson Rangell, il trombettista Lin Rountree, il trombettista David Mann, il batterista degli Spyro Gyra Lionel Cordew, il bassista Gerald Veasley, il tastierista Lao Tizer, e il bassista e cantante Fernando Saunders. Quest’ultimo è stato un membro storico della famiglia Special EXF fin dai tempi della loro formazione. Inoltre c’è la presenza prestigiosa della formidabile cantante degli Incognito Maysa Leak, che impreziosisce una bellissima versione di "Little Wing" di Jimi Hendrix. Ancora Minucci spiega: “Sono cresciuto ascoltando Jimi Hendrix; durante uno spettacolo che abbiamo fatto due anni fa con Maysa, le ho chiesto se le sarebbe piaciuto provare a cantare "Little Wing" e lei ha accettato con entusiasmo. Volevo rendere omaggio all’anima rock di Jimi Hendrix ma volevo anche fare qualcosa che fosse moderno e r&b. Penso che sia uscita una cover insolita e sono curioso di sapere come le persone reagiranno ascoltandola. In realtà non faccio cover di brani troppo spesso, quindi la cosa assumeva un sapore un po’ particolare. In verità il brano che di per sé è già un capolavoro è reso magistralmente sia dal gruppo che da Maysa: l’assolo di chitarra di Minucci è straordinariamente intenso: un vero tributo al genio di Hendrix.  Chieli ha deciso di guidare una formazione fluida, che può variare a seconda delle circostanze in un intenso programma di tournée a supporto dell’album "All Stars", e ha cominciato ad esibirsi in pubblico alla vigilia della data di uscita dell'album. C’è una canzone di "All Stars" che ha un significato particolarmente personale per Minucci. "Sweet Memories Of You" è un pezzo per chitarra solista legato profondamente alla malattia della madre. È un brano importante del disco, non solo per dare un segnale di discontinuità nella trama dell'ascolto, ma anche per regalare alla gente qualcosa di un po' più contemplativo. Non appena l’ascoltatore approfondisce la conoscenza dell'album, vengono fuori la profondità, l'ampiezza delle capacità compositive e le doti di arrangiamento di Minucci. "Kampala" è stata scritta con una chitarra acustica di fortuna in una stanza d'albergo in Uganda, durante una serie di concerti in Africa. Chieli ha diviso "Great Escape" in due parti  e su questo pezzo dice: "è un lavoro d'amore che è stato scritto con una metrica dispari, in quello stile con il quale sono cresciuto e che ho amato veramente.” C’è poi "Flows Like Water" che è una composizione un po' diversa da quello che di solito propongono gli Special EXF. E’ chiara la volontà di offrire qualcosa di più jazzato e in parte lontano dal repertorio a cui la band ci ha abituati. Minucci è chiaro quando dice che gli piace dare alle persone che acquistano i dischi o vengono agli spettacoli una varietà di stili. In questo senso 'Flows Like Water' è una bella rappresentazione di quanto la band sia diventata coesa nel corso dei molti anni in cui ha lavorato insieme. “All Stars ”si conclude con “One Stick And A Stone” in cui è protagonista il basso Chapman Stick di Steve Adelson che duetta intimamente con la chitarra di Minucci. È un brano d’atmosfera che ricorda da vicino quelli suonati insieme al compianto George Jinda,  con le sue magiche percussioni. E’ evidente la volontà di chiudere l’album con una nota nostalgica ovvero con qualcosa che fosse fedele al suono originale degli Special EFX. Questo All Star è un nuovo ed entusiasmante capitolo nella storia discografica di un gruppo molto significativo nell’ambito della fusion. Chieli Minucci si dimostra ancora una volta un chitarrista dotato di grande ecletticità ed una competenza tecnica non comune, le cui abilità sono ampiamente sottovalutate.

Soweco – Keep On


Soweco – Keep On

Che la Svezia sia terra di cultura musicale diffusa è un dato di fatto sancito anche dal terzo posto assoluto tra le nazioni produttrici a livello discografico. Dal pop al metal, dal progressive al funk ed al jazz dalla Scandinavia arrivano molteplici proposte, spesso ricche di contenuti.  La band Soweco viene proprio da lì, dalla Svezia: è stata creata nel 2011 dal tastierista Mattias Roos e dal batterista Peter Gustavsson a cui si è aggiunto Il cantante Fredric "Frosche" Renmark. Un anno dopo è uscito il loro debutto "Don't Hide Your Love" e nel 2015 un secondo album intitolato "Only You". Il nome della band Soweco è un acronimo che sta per So West Coast, che è un chiaro riferimento alla musica californiana, stile che però i musicisti svedesi declinano su un groove di matrice più orientata al funky-soul. In questo contesto la voce baritonale, molto black, del cantante Renmark  contribuisce a creare un atmosfera molto rilassata e gradevole, corroborata da una scrittura musicale di qualità. Il tastierista Mattias Roos pur continuando a pilotare i Soweco, ha parallelamente intrapreso una strada da solista con la pubblicazione di tre lavori a suo nome. Per questo ultimo album del 2017, il terzo della loro breve carriera,  si sono fatti produrre dal chitarrista jazz U-Nam che è un personaggio di grande spessore e molti talenti, sia come musicista che come arrangiatore. Il risultato è notevole per classe, pulizia del suono e piacevolezza. Il suo tocco è percepibile in tutto il lavoro dei Soweco, ma la sua chitarra la potete ascoltare direttamente sul singolo "Don't Hide Your Love" e sulla title track “Keep On”.  L’album è davvero molto ben articolato, I brani sono tutti ben confezionati e gli arrangiamenti garantiscono un feeling sofisticato. "Way Up High" ad esempio ricorda Bill Withers, mentre "Your Love" suona molto rilassata e armonica. In "By the Sea" si può ascoltare la cantante Petra Carlenarson, già ospite nei precedenti lavori della band. 'Good Ol' Love' è una classica ballata, 'Lucky Charm' una traccia un pò più allegra e fresca. In "Listen for a Moment" Petra Carlenarson ritorna per un duetto seducente con il bravo Fredric "Frosche" Renmark. Questa è seguita dalla versione originale di "Keep On" (la traccia d’esordio infatti è una groove remix) e poi da "Forget for a Moment" che è un vero brano soul lento e romantico. Chiude l’album un’ennesima versione, questa volta radio edit, del brano portante Keep On. I Soweco hanno nuovamente trovato una fantastica via di mezzo tra soul, west coast e smooth jazz: il disco infatti scorre fluido e sempre accattivante. Questi musicisti svedesi sono riusciti a far sì che i groove della vecchia scuola che ispirano le loro composizioni suonino moderni e raffinati: per questo tutto l’album appare perfettamente a fuoco. Semplice ma non banale, sofisticato ma non eccessivamente patinato. Non sarà un capolavoro, ma è certamente un disco pieno di belle canzoni, l’ideale per una serata in compagnia o per un piacevole viaggio in automobile, magari sulla strada delle vacanze. Da acoltare.

Mike Longo - 900 Shares of the Blues


Mike Longo - 900 Shares of the Blues

Mike Longo è un pianista e compositore americano, nativo di Cincinnati, noto soprattutto per la sua collaborazione con il mitico trombettista Dizzy Gillespie. E’ stato un grande fan di Oscar Peterson, con il quale ha poi anche studiato per un biennio e dal quale è rimasto fortemente influenzato. A partire dagli anni ’60 Longo ha iniziato un’avventura musicale con il suo personale trio che è proseguita per ben 42 anni. Da segnalare poi una sua collaborazione con Chick Corea sfociata in un album del 1991 intitolato Piano Giants. Sono particolarmente interessanti i suoi album solisti dell’inizio degli anni ’70, ad esempio The Awakening, Funkia e questo stupendo 900 Shares of the Blues, di cui voglio parlarvi. Come molti altri colleghi, in quel periodo il pianista stava sperimentando l’uso del piano elettrico con grande soddisfazione e ottimi risultati. Ed infatti 900 Shares of the Blues è un’esaltante alternanza di Rhodes e piano acustico incastonata sopra una buona dose di groove funk jazz ma corroborata anche di jazz classico e da una spruzzata di musica latina. Di fatto questo è uno dei suoi migliori album di sempre. Il tutto è suonato ed arrangiato in uno stile rilassato che è semplicemente fantastico, con un risultato artistico che suona un po' come i migliori lavori della CTI dell'epoca. Pur se con qualche differenza, poiché è palese come qui il sound sia in qualche misura più ruvido e asciutto di quanto non siano le patinate atmosfere tipiche di Creed Taylor e della sua scuderia. Mike Longo si destreggia indifferentemente sia al piano elettrico che al piano classico accompagnato da un team di fuoriclasse come Ron Carter al contrabbasso, Mickey Roker alla batteria e Ralph MacDonald alle percussioni. Non mancano poi le presenze di due fenomeni come Joe Farrell (sax e flauto) e Randy Brecker (tromba e flicorno) che aggiungono il loro grande lavoro di fiati: i due ospiti aiutano ad impreziosire gli arrangiamenti con un profondo feeling jazzistico. L'intero album è magnifico nella sua solida spontaneità: i musicisti mettono in vetrina una varietà di stati d'animo, di emozioni e di groove che non possono che colpire qualsiasi appassionato. Si va dalle atmosfere in pieno stile Blaxploitation della title track e di "Like a Thief In the Night" a quelle un pò più rilassate ma sempre jazz funk di "Ocean of His Might". L’album vira decisamente sul jazz mainstream con "Magic Number", dove si può apprezzare lo stile fluido di Longo e la sua forte vicinanza con il maestro Oscar Peterson. Bellissima la ballata jazz intitolata "Summer's Gone", che resta in territorio jazzistico e ancora di più ci fa apprezzare la bravura del leader e il contributo di Joe Farrell e Randy Brecker. Il disco si conclude con un brano di matrice latina: "El Moodo Grande" è un omaggio di Mike Longo ad una delle sue grandi passioni musicali, che troviamo qui declinato in un arrangiamento che ricorda alcune sortite del suo amico Chick Corea. Così come aveva cominciato, il pianista torna alla fine a dare un saggio della sua padronanza del piano elettrico.  Con una discografia ricca di ben 22 album da solista, Mike Longo è un musicista ancora oggi attivo, che può vantare un'esperienza di altissimo profilo. Tuttavia i livelli raggiunti all’inizio degli anni ’70 restano l’apice della sua avventura musicale. Se avete amato le prime contaminazioni elettriche del jazz, la musica della CTI Records di Creed Taylor e tutte quelle atmosfere così care ai polizieschi della decade a cavallo tra il 1970 e il 1980, troverete in 900 Shares of the Blues una risposta molto soddisfacente. Vintage sounds.

DopeGems - Necksnappin'


DopeGems - Necksnappin'

Ho già avuto modo di dire che curiosare qua e là sulla rete, ascoltare di tutto, anche senza un’apparente logica, può portare a delle inaspettate ma gradite sorprese. E’ questo il caso dei DopeGems, un quintetto proveniente dell'est della Francia che celebra il jazz funk del periodo d’oro degli anni '70, reinterpretandolo in chiave moderna attraverso il sound di una chitarra (Greg F.), un basso (Emmanuel Harang), una batteria (Slikk Tim), una tastiera (Giuliano Veludo) e un vibrafono (Yragaël Unfer).  Il titolo della prima uscita discografica dei DopeGems è Necksnappin' ed è stato pubblicato il 28 marzo 2019. Va detto subito che il disco si compone di 10 brani che sono tutte cover: sono delle versioni molto fresche ma non banali di composizioni significative degli anni ’70. I pezzi risultano complessi ed articolati come si conviene trattandosi di jazz funk ed i cinque ragazzi francesi padroneggiano perfettamente sia i loro strumenti che la produzione dimostrando una maturità non comune in un opera prima. NeckSnappin’ è un album totalmente strumentale nel quale il richiamo al sound vintage è assolutamente palese e tuttavia non manca un tocco di modernità ricco di echi lounge e nu-jazz. Si ascolti l’apertura "Condor Redux" e tutto sarà più chiaro. Si tratta di un ardito e cinametico mix del brano cult "Tre giorni del condor" di Dave Grusin. Il tenore generale dell'album è dettato da questo epico pezzo di musica di nove minuti diviso in tre sezioni che combinano il tema principale, il breakbeat e addirittura un accenno di dance. I DopeGems aumentano poi il ritmo con una versione per così dire “sovralimentata” del pezzo funky "Like a thief in the night" di Mike Longo: sono dei fuochi d'artificio jazz funk dove chitarra wah wah, tastiere e vibrafono dettano il groove. Il quintetto è in qualche modo più rilassato con la ripresa strumentale di "One night affair" degli Stylistics: quasi un brano d’atmosfera dove il vibrafono domina la scena. "First Come, First Serve" di Ramon Morris inizia con un ritmo che avrebbe deliziato gli amanti del rap negli anni '90, prima che la chitarra cambi registro al brano, avvicinandosi inaspettatamente ai toni del jazz rock. “Solstice” è un arioso pezzo di smooth jazz, che anticipa "Journey To The Shore" in cui i Dopegems cercano di coniugare il jazz e la discoteca. Il quintetto si cimenta quindi con "Footsteps In The Dark" degli Isley Brothers e si confronta in bellezza con il classico jazz funk di Bennie Maupin intitolato Quasar. I bonus sono ben due: "I Work The Whole City", tratto dalla colonna sonora di Taxi Driver e "It’s Your Love" di Roy Ayers. Un carico da novanta per dare ancora più valore a questo disco. In realtà se parliamo di cd questi ultimi due pezzi sono parte integrante dell’intero album, mentre è sul vinile (che è ugualmente disponibile sul mercato) che l’aggiunta è stata fatta per dare il massimo valore all’offerta musicale. Se NeckSnappin non offre composizioni originali degli stessi DopeGems non c'è da stupirsi, il concetto di base che ha mosso il quintetto francese è quello di far (ri)scoprire alcune perle, in parte dimenticate, della scena Jazz-Funk degli anni '70. Sono gli stessi DopeGems a spiegare il perché, dicono infatti: "È una scelta consapevole quella di non aver composto nulla: il fatto di suonare un repertorio molto ampio ci costringe momentaneamente a lavorare sulle cover, ricercando il nostro suono in un secondo momento. Secondo i musicisti francesi è sorprendente constatare che alcuni critici parlino di "cover" quando spesso non conoscono nessuna delle canzoni che suoniamo". È Slikk Tim, il batterista e polistrumentista di 25 anni (originario di Nancy) e amante della cultura Jazz, Funk e Hip Hop, che è all'origine del progetto nato nel 2011 (anno delle prime prove del quintetto). L’album ha avuto una gestazione piuttosto lunga poiché è stato registrato in soli tre giorni e con risorse limitate nell'estate del 2012. Per poi essere pubblicato solo nel 2019. A mio parere qualsiasi appassionato di funk jazz dovrebbe ascoltare questo lavoro di debutto dei DopeGems: non sarà difficile rimanere conquistati dalla freschezza e dalla dinamicità di questi 10 pezzi. In un panorama internazionale piuttosto appiattito anche in ambito smooth jazz, qui c’è del potenziale che darà soddisfazione a tutti coloro che vorranno prestare un minimo di attenzione a questi cinque giovani francesi di belle speranze. Interessante.