Return To Forever - Hymn of the Seventh Galaxy


Return To Forever - Hymn of the Seventh Galaxy

Chick Corea è un musicista eclettico e poliedrico. Con il suo talento e la sua innata curiosità è capace di spaziare con grande disinvoltura e grandi risultati dal jazz alla musica classica, dal funk al progressive, dall’avanguardia alla fusion.  Anche lui come molti altri della sua generazione è uscito da quella grande fucina musicale ed artistica che fu il leggendario "Bitches Brew" di Miles Davis. All'epoca della collaborazione con Miles non era ancora famoso, era anzi più che altro un pianista di ottime prospettive, la celebrità arrivò più avanti, nel corso degli anni '70 grazie ad una band di sua creazione chiamata Return to Forever. Proprio i Return to Forever divennero in breve tempo uno dei gruppi storici del jazz-rock mondiale. La band aveva già posto le sue basi nel 1971 con l’album omonimo e si stava evolvendo lentamente verso quelle ardite soluzioni stilistiche che ne determineranno con chiarezza i contorni negli anni successivi. "Hymn of The Seventh Galaxy" è il loro terzo lavoro di studio, al quale Corea decise all'epoca di dare una svolta radicale con un cambio di formazione: lo scopo era quello di optare per una musica modernissima e di esplicito stampo jazz-rock. Insoma una soluzione perfettamente al passo con i tempi. Per questa ragione pensò di tenere con sé solo il bassista Stanley Clark e ingaggiò un nuovo chitarrista, Bill Connors, e un nuovo batterista, lo straordinario Steve Gadd. Fu con questi elementi che i Return To Forever, profondamente rivoluzionati, si recarono in studio per registrare Hymn of The Seventh Galaxy. Alcuni screzi portarono Gadd ad uscire dal gruppo, così Corea al suo posto scelse l’altrettanto valido Lenny White ed infine il disco fu nuovamente inciso. Delle due versioni dell’album quella che ci rimane è naturalmente la seconda versione, con Lenny White alla batteria. Rispetto alle prime uscite c'è da registrare una netta evoluzione dal punto di vista tecnico ed un allontanamento netto dalle atmosfere quasi ovattate dei primi album, con un Chick Corea  che riesce ad ottenere quella virata così sostanziale che tanto andava ricercando. I contenuti di Hymn of The Seventh Galaxy  hanno anche qualche accenno di latin jazz e financo degli interessanti elementi di fusion che rendono il disco molto accattivante. Ovviamente sono in grande evidenza tutte le eccellenti composizioni di Corea, come sempre estremamente sofisticate e di grande impatto emotivo; ma non va di certo trascurato l'interessante lavoro di chitarra di Bill Connors che apporta un sostanziale sapore rock attraverso un sapiente uso della distorsione. D’altra parte è da sottolineare pure l’energico lavoro di Lenny White alla batteria ed alle percussioni e naturalmente quello iper-tecnico e all’avanguardia di Stanley Clark con il suo basso. In apparenza il grande Stanley sembra meno pirotecnico di quanto siamo abituati a conoscere, ma in realtà il bassista offre un contributo a volte determinante. Quello che ne esce è un muro sonoro frutto di un’amalgama molto densa e dalla granitica solidità creativa, anche se al primo impatto il suono può sembrare ostico. Se analizzato con la dovuta attenzione l’album è invece ricco di sfumature e tanti particolari che lo rendono un lavoro di assoluta eccellenza, uno dei migliori della vastissima produzione di Chick Corea. Non a caso quando si parla di storia del jazz rock è doverosa una citazione di Hymn of The Seventh Galaxy quale esempio formalmente perfetto di come va interpretato questo complesso stile musicale. In un quadro di sostanziale omogeneità delle lunghe composizioni contenute nel terzo album dei Return To Forever spicca in particolare "Captain Señor Mouse" dall’andamento latineggiante e tipicamente Corea style. Un altro brano davvero molto interessante e significativo è certamente "Theme to The Mothership" nel quale sono riassunte tutte le tipiche peculiarità del jazz rock più genuino: chitarra tagliente e velocissima, ritmiche inticate ed il magnifico tappeto sonoro prodotto dalle tastiere di Chick Corea. Una menzione particolare va anche alla title track, che pur nella sua brevità, funge da apertura dell’album come meglio non si potrebbe, dato che sintetizza l’estetica musicale dei Return in soli 3 minuti e mezzo. Ha in qualche modo la funzione di attrarre l'ascoltatore e trascinarlo nel vortice ipnotico del resto dell’opera. "Hymn of The Seventh Galaxy" è probabilmente il miglior disco della seconda incarnazione dei Return To Forever: può essere considerato il momento decisivo nella carriera musicale del gruppo, un album che li condurrà in breve alla definitiva consacrazione. Con l’arrivo della metà degli anni ’70 la band conquisterà una sempre più vasta platea di ascoltatori, “rubandoli” anche ai seguaci del progressive rock e diventando così uno dei più famosi e celebrati tra i gruppi storici del jazz rock.  L'ingaggio del talentuoso chitarrista Al di Meola al posto di Connors aggiungerà un ulteriore importante tassello al mosaico di straordinari musicisti al servizio del genio incontrastato di Armando Anthony Corea, detto Chick. In ultima analisi dietro tutto questo c'è sempre e solo lui.