Chester Thompson - Powerhouse


Chester Thompson - Powerhouse

Tra tutti i musicisti che hanno registrato per la tanto innovativa quanto effimera etichetta Black Jazz, ce n’è uno in particolare che merita attenzione ed è l'organista Chester Thompson: solo quattro album all’attivo, e di questi il primo, Powerhouse uscito nel 1971, il secondo pubblicato quarant’anni più tardi. Una carriera singolare, mossa da un notevole talento ma tutta dedicata a suonare in due gruppi storici del rock e del funk quali i Santana ed i Tower Of Power. Organista dotato di dita veloci e grande senso dello swing, Thompson iniziò a suonare in chiesa e, come molti della sua generazione, cadde presto sotto l'incantesimo artistico del pioniere dell'organo jazz Jimmy Smith, cioè colui che è da tutti considerato il migliore specialista del suo strumento. Dopo il suo debutto intitolato, come detto Powerhouse, Thompson è entrato a far parte dei Tower Of Power, svolgendo al loro interno un ruolo cruciale nella originale e creativa formula pop / funk del gruppo, e lavorando con loro tra il 1973 ed il 1983. In seguito, e fino al 2009, Chester Thompson è stato l’organista e tastierista di Carlos Santana, instaurando con il popolare chitarrista una collaborazione lunghissima e straordinariamente ricca di soddisfazioni. Curioso che attorno alla metà degli anni Ottanta, Thompson abbia temporaneamente cambiato il suo nome in Chester "T" Thompson per evitare di essere confuso con il batterista della band, che era suo omonimo (e che tutti conosciamo per aver suonato anche con i Genesis). Dopo aver lasciato Santana, Thompson è tornato alle sue radici jazz, registrando finalmente, nel 2010, un album intitolato Mixology ed esibendosi regolarmente nell'area di San Francisco. L’album porta il numero sei in un catalogo di soli 20 lavori in tutto che rappresenta l’eredità lasciata dalla Black Jazz. L’etichetta nacque proprio nel 1971 ad opera del pianista Gene Russell e dell’ex batterista Dick Schory ed era chiaramente specializzata nel jazz. Condivide con la casa discografica Strata-East di Stanley Cowell e Charles Tolliver, anch’essa fondata anche nel '71, l’onore di essere la prima teichetta di jazz di proprietà completamente afroamericana. Tra gli artisti che hanno registrato per la Black Jazz  vi sono i pianisti Walter Bishop Jr. e Doug Carn. Chester “T” Thompson è un un musicista versatile, che miscela in egual misura lo swing classico del jazz con le radici più profonde del blues con uno stile non lontano da quello di un altro grande dell’organo come Jimmy McGriff. Particolarmente interessanti sono le sue linee melodiche sempre sostenute da valide variazioni armoniche scandite da una gagliarda mano sinistra. Lo stile di Thompson sa essere anche moderno e dinamico, molto vicino al be bop: ed qui che si  avvicina maggiormente al suo idolo Jimmy Smith o a Don Patterson. La title track mette infine in luce un’attenzione anche per le sonorità degli inizi degli anni ’70, influenzate dal funk e dal soul pur mantenendosi saldamente in territorio jazzistico. La band di Powerhouse, in grado di fornire in ogni momento il giusto groove, è composta dal batterista Raymond Pound, fortemente influenzato dal mitico collega Idris Muhammad, mentre le linee di basso sono eseguite come vuole la tradizione dallo stesso organo di Thompson. A completare il singolare quartetto troviamo il sax di Rudolph Johnson e il trombone suonato da Al Hall. Powerhouse è un interessante e riuscito esempio di jazz “organ drived” in cui è l’organo Hammond B3 ad essere l’assoluto protagonista. Chester Thompson ne è certamente un tanto valido quanto dimenticato rappresentante e l’ascolto di un album totalmente calato nella realtà del jazz degli anni ’70 come questo suo debutto discografico non può che essere un’aggiunta di valore per la discoteca di qualsiasi appassionato di jazz.