Art Farmer - Crawl Space


Art Farmer - Crawl Space

Alcune delle più belle registrazioni della mitica etichetta CTI della fine degli anni '70 furono quelle guidate dal flicornista Art Farmer. Sebbene Farmer avesse l’abitudine di includere in questi lavori del materiale non troppo popolare (in questo caso Art suona un suo originale, due brani di Dave Grusin e un pezzo del pianista Fritz Pauer) e considerando che spesso utilizzava dei musicisti normalmente non avvezzi a suonare insieme, i risultati erano generalmente piuttosto gratificanti. Su questo Crawl Space), il focus è quasi interamente sullo stesso Art Farmer a cui si uniscono il tastierista Grusin, il chitarrista Eric Gale, il flautista Jeremy Steig, Will Lee o George Mraz al basso e il batterista Steve Gadd. E di fatto la magia del timbro caldo e pastoso del flicorno di Farmer catalizza l’attenzione dell’ascoltatore. Ricordo di aver comprato questo album basandomi sull'ascolto dei primi minuti della seconda traccia, "Siddhartha". Il tono e l'articolazione di quelle poche note mi suggerirono che c'era qualcosa di molto interessante in Crawl Sapce, ed in effetti non sbagliavo. Ovviamente conoscevo Art Farmer da molto tempo: la sua lunga carriera al seguito di alcune delle stelle più luminose del jazz ed una più che consistente discografia da solista sono la testimonianza che questo musicista appartiene all’elite mondiale della storia del jazz. L'unica cosa negativa che posso addebitare a questo album è che è fin troppo breve: solo quattro tracce, per un totale di circa 35 minuti. Un piccolo difetto che per la verità era abbastanza comune nelle registrazioni della CTI.  Ma se in un disco la qualità è elevata, come in questo caso, la sua lunghezza diventa alla fine un parametro irrilevante. Forse l'aspetto più forte di Crawl Space è il modo in cui il gruppo, molto ben comandato dal leader, è riuscito a resistere alla tentazione di strafare; un peccato nel quale cadono a volte i musicisti di jazz. C’è una sensazione di grande equilibrio e nemmeno la lunghezza dei brani (tra gli 8 e i 10 minuti) è foriera di noia e di ripetitività. Qui non troverete performance roboanti solo per mettere in mostra la competenza tecnica degli esecutori o per stupire l'ascoltatore. Tutto si combina bene: gli assoli così come le parti corali restano interessanti e misurate. Raffinata è forse il termine più corretto per definire la musica di Crawl Space, anche se di sicuro non la si può considerare piatta o inespressiva. Ad un quadro generale già positivo, nell’analisi di un album come questo vanno aggiunti i contributi dei grandi musicisti inclusi nella registrazione. La batteria di Steve Gadd, ad esempio è diretta e sofisticata al tempo stesso, così come lo splendido lavoro di chitarra di Eric Gale, che si inserisce alla perfezione nel contesto con i suoi assoli melodici. Dave Grusin è eccellente con il suo piano elettrico in entrambi i ruoli di solista e di supporto, mentre anche i due bassisti che si alternano offrono la giusta pulsione ritmica. Art Farmer infine possiede una timbrica eccezionale e padroneggia il suo flicorno con grande maestria tecnica: sembra indugiare più sulle tonalità basse e profonde ma questo non significa che non si possa esprimere anche sui registri superiori. Di fatto quando sale verso l’alto lo fa con grande naturalezza rendendo le note acute dei momenti carichi di grande intensità. Art Farmer è indubbiamente il leader di questo album e tuttavia non domina indebitamente ogni traccia, ogni momento di musica: è così che ogni artista ha qui la possibilità di brillare in vario modo e misura su tutti i brani. Dalla title track che apre sontuosamente l’album, alla successiva ed enigmatica Siddharta, senza dimenticare Chanson e Petite Belle, le atmosfere sono caratterizzate da suoni tipicamente anni ’70. Il groove è quello funky elettrico in voga in quegli anni d’oro, che furono senza dubbio i più creativi per le correnti innovative del jazz. Molto spazio viene dato al flauto di Jeremy Steig, che lascia un’impronta molto forte su tutte le composizioni, contribuendo in modo determinante a delineare la fisonomia di Crawl Space. Sono solo 4 i brani di questo lavoro, tutti molto lunghi ed articolati e tutti molto interessanti: come già detto sarebbe stato ancora meglio se ne fossero stati inseriti di più. Il jazz moderno e gradevole di un ispirato Art Farmer avrebbe meritato maggior spazio all’interno di questa registrazione. Dopo una vita passata a cavalcare il miglior hard bop sulla piazza, il grande flicornista e trombettista dell’Iowa aprì con Crawl Space la sua parentesi con la CTI records di Creed Taylor, dimostrando di essere a suo agio con ogni tipo di idioma musicale, con lo stesso talento di sempre. Questo è un disco consigliabile a tutti, compresi coloro che non hanno grande familiarità con il jazz, ma di sicuro rappresenta una scelta irrinunciabile per gli appassionati di rare grooves e vintage sounds.