Spyro Gyra – Vinyl Tap


Spyro Gyra – Vinyl Tap

Esistono, anche nell’ambito della fusion dei gruppi “icona”, dei veri e propri miti inossidabili che attraversando le decadi sono partiti dagli anni ’70 e sono ancora attivi al giorno d’oggi. Gli Spyro Gyra sono esattamente l’esempio di questo genere di band: un collettivo di musicisti sulla piazza da molto tempo, in effetti dalla metà degli anni ’70 e ancora  vitali e creativi all’inizio del 2020 come e meglio dei primi tempi. Vinyl Tap è addirittura il loro 31° album, ed è uscito da pochissimo. Semmai ce ne fosse bisogno questa è la dimostrazione che ogni illazione sul fatto che una band come questa fosse un fuoco di paglia o mancasse di longevità era a dir poco infondata. Dieci milioni di dischi venduti sono numeri impressionanti per una band jazz, ma va anche detto che ovviamente gli Spyro Gyra non si possono considerare jazz al 100%. Di fatto sono conosciuti principalmente come una gruppo di fusion che combina elementi del jazz con l’R&B, il funk e il pop. Nel corso degli anni la loro formazione ha subito moltissimi cambiamenti, ma il co-fondatore e sassofonista Jay Beckenstein è ancora in sella, così come il tastierista Tom Schuman. Morning Dance è stato il loro più grande successo nel quale, per inciso, comparivano sia Michael che Randy Brecker. Il successo commerciale degli Spyro Gyra continuò negli anni '80 con gli album Catching The Sun e Carnaval, i quali diventarono dischi d'oro: un evento che per il genere suonato non è proprio un traguardo da poco. Nonostante i cambi di formazione, la produzione discografica non cessò mai, e le pubblicazioni continuarono lungo tutti gli anni ’80 e ’90, così come le tournè in ogni parte del mando. Fu però solo nel 2006 che il loro album Wrapped In A Dream venne nominato per un Grammy Award. La formula non cambiò mai nel corso degli anni, e gli Spyro Gyra continuarono imperterriti a proporre la loro fusion dinamica e vigorosa, basata sulla bravura tecnica dei musicisti e su di una vena compositiva mai sopita. Semmai l’appunto che si poteva fare riguardo ai loro dischi era relativamente ad una certa ripetitività nel sound e negli arrangiamenti. Ma si sa, un marchio di fabbrica è tale quando si è coerenti con se stessi e in fondo “squadra che vince non si tocca”. Tornando a Vinyl Tap, cioè questo loro ultimo lavoro, c’è una cosa che attira subito l’attenzione: la palpabile diversità di questo album. Infatti non contiene alcun tipo di materiale originale della band. E’ costruito invece su nove cover di brani famosi  di grandi artisti del panorama internazionale. Tra i quali Sunshine Of Your Love dei Cream, What A Fool Believes di Michael McDonald e Kenny Loggins, I can't find my way home di Steve Winwood e Hide your love away di Lennon & McCartney, per citarne alcuni. Detto che questo non è certo il Great American Songbook, da cui i jazzisti sono soliti catturare le loro cover, la raccolta è però un omaggio a delle canzoni che rivestono una certa importanza per la band. Il tutto è arrangiato in modo tale che i brani suonino come qualcosa di nuovo rispetto agli originali e abbiano comunque un feeling marcato con lo stile degli Spyro Gyra. Se all’inizio si può essere un pò scettici (e pare lo fosse anche la band stessa,) principalmente per il timore di suonare tristemente come una "wedding band", all’atto pratico il risultato è molto stimolante e soddisfacente. Addirittura gli Spyro Gyra sembrano trarre nuove energie ed interessanti spunti dal confronto con un materiale non composto direttamente da loro. Per qualche recondita ragione reinterpretare i vecchi standard non è visto quasi mai come un problema per una band o un artista jazz, ma la prospettiva cambia in negativo se ciò viene fatto con le canzoni scritte dagli anni '70 in poi. Sicuramente si applicano gli stessi principi: le buone canzoni sono buone canzoni e questo a prescindere dall’epoca nelle quali vengono composte. L’unicità e la qualità della musica scritta da altri (qualunque sia il genere) è dunque assolutamente accettabile, senza riserve. Va da sé che la musicalità deve essere di grande livello, diciamo di una qualità superiore. Dato che personalmente ho sempre apprezzato gli Spyro Gyra, mi fa molto piacere poter affermare che tutti questi elementi sono presenti in questo album ed il risultato finale è qualcosa di davvero straordinario. Prima di tutto perché finalmente il jazz è entrato in modo più evidente nel loro modo di suonare e poi perché dopo 30 album qui si ascolta il gruppo in un modo totalmente nuovo. Questi esperti musicisti, Jay Beckenstein in testa, non hanno solo il groove del funky nel loro dna ma dimostrano di avere lo swing giusto per toccare anche le corde del jazz. Ascoltate a proposito il brano d’apertura: Secret Agent Mash. Non mancano le sonorità tipiche della band che tanto hanno catturato l’attenzione negli anni passati, ma qui c’è anche altro: il blues, il rock, il soul. Insomma è un album variegato e dinamico che attraversa gli stili e rilancia gli Spyro Gyra in questa decade. Buone notizie per i fan. Al momento è uno dei miei album preferiti, a testimonianza del fatto che questo progetto ha attirato la mia attenzione e, almeno a livello personale mi pare davvero un lavoro che funziona.