Rob Franken – Fender Rhodes


Rob Franken – Fender Rhodes

Rob Franken è stato una delle figure chiave in Europa per quanto concerne l’uso del piano elettrico negli anni '60 e '70. Nome non molto conosciuto, fu tuttavia trai primi a buttarsi con convinzione e di conseguenza a padroneggiare il piano elettrico Fender Rhodes, senza dimenticarsi della sua passione anche per l'organo Hammond B3. Nato in Olanda nel 1941, questo oscuro jazzista rimase decisamente affascinato dalle possibilità espressive del piano elettrico, uno strumento che verso la fine degli anni '60 stava guadagnando sempre più credito in ambito jazz. Franken in realtà nasce come uno specialista dell'Hammond, ma la sua vera e propria ossessione per il Rhodes lo portò di fatto all’utilizzo quasi esclusivo della nuova ed emergente tastiera. Rob Franken ha iniziato la sua carriera con il duo folk Esther e Abi Ofarim, per poi iniziare a suonare con il Klaus Weiss Trio a metà degli anni '60. In seguito ha formato la sua leggendaria piccola combo, The Rob Franken Organization. La Rob Franken Organization  pubblicò due album: "Pon my soul” nel 1967 e Ob-la-di-ob-la-da nel 1969. In realtà egli suonò anche con Toots Thielemans in qualità di pianista e organista e fu il tastierista fisso per la Peter Herbolzheimer Rhythm Combination e Brass. Durante la sua relativamente breve carriera, Franken ha avuto modo di suonare in oltre 400 album ed è stato un artista molto apprezzato da tantissimi musicisti. La sua improvvisa ed inaspettata scomparsa a causa di un'emorragia interna all'età di 42 anni, nel 1983, ha concluso la sua oscura ma notevole carriera: il tragico evento capitò solo tre giorni dopo la sua ultima sessione di registrazione con la Rhythm Combination e Brass. Fender Rhodes è in verità un album bellissimo. Una registrazione che rappresenta una delle gemme del piano elettrico di tutti i tempi e peoprio per questo motivo dispiace che non abbia avuto il successo che meritava. Gli appassionati del Rhodes non possono assolutamente trascurare un disco come questo, dove la favolosa tastiera è in piena luce, suonata con maestria e groove e valorizzata come raramente capita di ascoltare. Le registrazioni qui sono tutte degli anni '70 e sono state riprese in piccoli jazz club in Olanda come il famoso Jazz Cafe di Laren. E’ anche un album profondamente jazz, dove le contaminazioni funk o rhythm and blues sono solo una suggestione lontana. Tra l’altro il buon Rob riesce anche a fare un buon uso del synth, senza abusarne, ma colorando di modernità alcuni brani. Sono 11 le canzoni che compongono Fender Rhodes di cui solo quattro sono originali di Franken. Nella track list spiccano due classici come Blue Bossa di Kenny Dorham e This Masquerade di Leon Russell. Le formazioni che si alternano nei vari pezzi coadiuvano alla perfezione il tastierista nella sua cavalcata quasi sempre da solista: da notare che tra gli ospiti figurano i nomi di Jimmy Owens e Clark Terry alla tromba e quello, inevitabile, di Toots Thielemans all’armonica. Su This Masquerade troviamo anche uno dei più grandi bassisti del jazz di tutti i tempi: Niels-Henning Ørsted Pedersen. E’ un vero piacere ascoltare il piano elettrico così massicciamente e sapientemente utilizzato. In questo album assurge al ruolo di protagonista assoluto e si può apprezzarne in modo totalmente immersivo tutte le sfaccettature espressive ed i caldi colori di cui è capace. Merito anche di un mastering stupendo e certamente anche della scelta del repertorio, all’interno del quale le canzoni rivelano come Rob Franken sia stato un genio del Rhodes, tanto formidabile quanto misconosciuto. Imperdibile.