Voodoo Funk Project – Deep In The Cut


Voodoo Funk Project – Deep In The Cut

Dopo l’esplosione del fenomeno dell’Acid Jazz, alla fine degli anni ’80,  ed il suo successivo esaurimento, circa un decennio dopo, il movimento non ebbe una vera e propria conclusione. Di fatto, anche se la spinta emotiva ed il successo commerciale non ebbero più un impulso globale di grande portata, non furono poche le band e gli artisti che continuarono a proporre musica con quella caratteristica firma sonora. All’inizio del nuovo millennio si poteva ancora ascoltare dell’ottimo Acid Jazz. In alcuni casi suonava forse ammorbidito da una contaminazione soul maggiormente evidente, mentre in altre pubblicazioni risultava molto più legato ai ruvidi suoni funk jazz dei primi anni ’70 con una predilezione per i pezzi strumentali. In pratica rispecchiava il sound originale e tipico che tutti gli appassionati considerano la vera fonte d’ispirazione del movimento Acid. Un esempio molto interessante di questa seconda declinazione furono i Voodoo Funk Project, che nel 2005 uscirono con il loro primo e purtroppo unico lavoro: Deep In The Cut.  Fin dalle prime battute dell'album gli ascoltatori  riconosceranno delle atmosfere vintage e saranno quasi costretti a scorrere le note di copertina alla ricerca della data di registrazione, perché l’impatto suggerirà loro un richiamo diretto alle sonorità peculiari degli anni ’70. Voodoo Funk Project non fa mistero delle sue influenze: non a caso è un progetto animato da alcuni tra i musicisti più significativi del panorama Acid Jazz. Il cervello dietro questo quartetto britannico è il produttore e programmatore Geoff Wilkinson, uno dei due creatori del fenomeno Us3. Il quale si occupa di suonare la batteria e maneggiare ogni sorta di ritmica elettronica e sequencer. Spicca la presenza del sassofonista Ed Jones, che oltre alla militanza negli Incognito, vanta anche una vasta esperienza in campo jazzistico ed è uno specialista di provato talento. Le tastiere sono affidate a Mike Gorman, un musicista di grande sapienza, in passato già collaboratore di artisti di fama internazionale. Ed infine troviamo il basso, che è prerogativa del formidabile Julian Crampton (anche lui membro degli Incognito). I brani sono 10, e tutti sono strumentali che corrono su quel filo conduttore che rimanda ai suoni della black music degli anni d’oro del funk jazz. Se prendiamo ad esempio il brano di apertura, "Black Magic", ci accorgiamo che è un ipnotico tema funky nel quale si ritrovano echi degli Headhunters, con tanto di synth vintage che si intreccia al clavinet ed il possente sax di Ed Jones a guidare la melodia. Il resto dell'album mantiene questa atmosfera retrò, a volte più morbidamente, sullo stile dei Blackbyrds, ma quasi sempre senza alcun accenno alla disco o al soul. I Voodoo Funk Project non mostrano alcun desiderio di ammiccare alla musica commerciale: il groove è il punto, puro e semplice, e perseguono il loro obiettivo svolgendo un lavoro straordinariamente valido. Gli assoli di Ed Jones si dimostrano un arma vincente affinchè il sound si mantenga jazzistico ed interessante ma il valore aggiunto dell’album risiede nell'interazione tra i quattro musicisti che appare eccellente in tutto Deep In The Cut. L’ascolto di un brano super funky come "This Is Where?" ne è la conferma: una vera chicca per chiunque apprezzi il tipico sound dell’acid jazz. In ogni caso i momenti intriganti sono numerosi e disseminati lungo tutto l’album, dall’inizio alla fine: da “Keep Your Face To The Sun” a “Memento” fino a “Midnight In The Corner” e al gran finale con “Zombie Dance”. Coloro che inorridiscono alla sola idea della contaminazione del jazz con il funk non cambieranno certo idea idea con un disco come Deep in the Cut, tuttavia questo è invece un lavoro essenziale per gli appassionati di acid jazz. Senza fronzoli e mirando dritto al groove, pur mantenendo una connotazione prettamente jazzistica, i Voodoo Funk Project illuminarono il 2005 con un album di indubbio valore. Purtroppo Deep In the Cut è rimasto la sola testimonianza della musica della band, che non ebbe seguito e si sciolse anche per gli impegni paralleli dei quattro musicisti coinvolti. E’ comunque un ascolto consigliato ed una valida alternativa al piatto panorama della musica dei nostri giorni.