Down To The Bone - Supercharged


Down To The Bone - Supercharged

Down To The Bone significa più o meno “fino all’osso”, nel caso di questo mitico gruppo ciò deve intendersi come “dritti alla sostanza del funk”, all’essenza del groove, senza troppi orpelli, badando al sodo. E’ questa la descrizione sintetica che meglio si addice a questi musicisti: professionisti che restano genuinamente fedeli al loro credo musicale. Ma quale domanda bisogna porsi per capire meglio ciò che i Down To The Bone offrono dal punto di vista musicale? E’ piuttosto semplice: si può riassumere tutto in un quesito elementare: “ti piace il groove?” Bene, per coloro che adorano ritmo, fiati ed energia, la musica generata da questa band è la migliore delle risposte. Non sfugge a questa regola nemmeno questo disco dei DTTB: Supercharged (il settimo album del gruppo). Un lavoro che invita al movimento, a tenere il tempo, adatto a risvegliare dal classico e sonnolento ascolto di sottofondo. E’ subito chiaro che qui non ci sono ammiccamenti all'hip-hop o al rap e nemmeno spruzzate di lounge o chill out:  i Down To The Bone vi regaleranno solo della buona musica funky soul, con veri musicisti che suonano strumenti reali. Supercharged dà un calcio alla  noiosa, fredda e ripetitiva musica alla quale siamo ormai assuefatti al giorno d’oggi per animare il gioco con del sano e genuino funk:  una cosa che in verità giustificherebbe già di per se un ascolto. Brani come "Funkin' Around" e "Cosmic Fuzz" non hanno la pretesa di essere capolavori, tuttavia suonano come se fossero usciti da una distorsione temporale, catapultando l’ascoltatore verso i primi anni ’70. In tutto l’album sono apprezzabili gli assoli di sassofono di Pete Grogan così come la sezione ritmica formata dal bassista Julian Crampton (Incognito) e dal batterista Adam Riley che alimentano a dovere il motore del groove. C’è spazio per gli interessanti assoli di piano di Neil Angilley, come in "Parkside Shuffle" o per impazzire con il vibrafono di  Roy Ayers, ospite del gruppo nel brano "Electric Vibes". La bella voce, forse troppo sottovalutata, ma sempre notevole, di Hilary Mwelwa di Hil St. Soul infonde un fascino particolare a "Smile to Shine" dove le linee di basso di Crampton non passano certo inosservate. Un discorso analogo vale per "Shake It Up" dove è la vocalist Corrina Greyson a prendere la scena su un irresistibile funk. Supercharged è un po’ un ritorno ai giorni lontani in cui le persone fruivano della musica in modo diverso, più dinamico. I tempi in cui la gente passava più tempo a divertirsi che ad accanirsi sugli smartphone: il funk, il soul, il ritmo erano già una risposta sufficiente al bisogno di socializzare e svagarsi. Down to the Bone è un progetto che fa della sua integrità e omogeneità un punto di forza, forse fin troppo per trovare davvero un posto nelle radio di tutto il mondo. E d’altra parte questi musicisti sono di fatto un po’ troppo leggeri per rientrare nella sfera del jazz, ma certamente anche troppo sofisticati per i gusti appiattiti degli ascoltatori odierni, bombardati da un eccesso di musica commerciale priva di contenuti. I DTTB sono innamorati del groove e del soul delle vecchie etichette Stax e Atlantic, sono paladini moderni di un sound che è sempre più raro da reperire. Dal mio punto di vista tutto ciò è un valore estremamente positivo. Se si tratta di rimanere fedeli alla vecchia scuola i Down to the Bone lo fanno con uno stile perfetto e un disco come Supercharged ne è sicuramente un esempio molto interessante. A tratti si può percepire un po' di Sly & Family Stone, un tocco di Tower of Power, echi dei War e una qualche familiarità con gli altri grandi esponenti del groove moderno: gli Incognito. Down To The Bone è una band bianca molto sopra la media che fa musica sorprendentemente autentica. Nulla da dire, Supercharged è una piacevole sorpresa, nel solco di una tradizione iniziata molti anni indietro e consolidata con una mezza dozzina di album tutti piuttosto validi. Acid Jazz, funk, soul, chiamatelo pure come preferite ma la sostanza resta la stessa: una musica piena di energia e vibrazioni positive…fino all’osso.

Jazz Soul Seven - Impressions Of Curtis Mayfield


Jazz Soul Seven - Impressions Of Curtis Mayfield

Curtis Mayfield: di sicuro è meno famoso di uno Stevie Wonder o di un James Brown, ma questo non significa che anche lui non abbia a sua volta lasciato un segno indelebile nella musica popolare americana. Che lo si valuti come strumentista oppure nelle vesti di cantante, di cantautore ed infine perfino di produttore R&B, Mayfield è senza dubbio un personaggio di grande spessore. Le sue composizioni, inclusa la colonna sonora dell'iconico film del filone blaxploitation “Super Fly” (1972), sono avvincenti, interessanti ed incorporano al loro interno tutta l'eredità del soul e del gospel, oltre che un’anima jazz. Inoltre diffondono messaggi socialmente condivisibili sulla guerra del Vietnam, sulla povertà diffusa nelle città, circa l'abuso di droghe e non ultimo un appoggio alle tumultuose lotte del movimento per i diritti civili degli anni '60 e ‘70. Il suo genio e la sua creatività sono celebrate su Impressions of Curtis Mayfield dei Jazz Soul Seven, una sorta di “one spot” super band di veri assi del jazz tra i quali alcuni tra i più grandi maestri del groove, come il chitarrista Phil Upchurch e la batterista Terri Lyne Carrington. La profondità e la raffinatezza di questo ensemble di star conferiscono alla musica di Mayfield un equilibrato ed esplosivo mix di soul e swing, sottolineato da una lettura jazzistica inedita per l’artista di Chicago. Ciò avviene soprattutto nelle magistrali rivisitazioni delle melodie più popolari come la celebre "Move On Up" ma anche nel recupero di gioielli dimenticati quale "Beautiful Brother of Mine". Le varie composizioni di Mayfiled appaiono bellissime nella loro purezza, consentendo un ampia gamma di libertà creative, come dimostra ad esempio il magnifico lavoro di chitarra di Upchurch su "Keep On Pushing". Allo stesso modo i brani vengono letti e perfettamente interpretati del grande pianista degli  Yellowjackets Russell Ferrante, ad esempio su "Get Get Ready". Le fondamenta ritmiche della band sono sostenute dalla possanza del bassista Robert Hurst e dal meraviglioso drumming della bravissima Carrington: "Freddie's Dead" ne è la dimostrazione più lampante . Tuttavia la super band vede la presenza anche dei maestri Wallace Roney ed Ernie Watts, i quali inondano il progetto del loro suono discreto ma ben delineato nel quale di distinguono le belle linee di sax e tromba, tanto calde quanto tecnicamente ineccepibili che tutti gli appassionati si aspettano. " We're a Winner " è un’occasione per gustarsi le percussioni del grande Henry Gibson, in grado di accendere le emozioni, valorizzando al contempo la dinamica tromba di Roney. Lo splendido interplay della band è tangibile lungo tutto l’album e raggiunge davvero punte memorabili come nel finale di "Superfly", dove i fiati fanno eco al motivo principale del brano, mentre Upchurch piazza un assolo di chitarra eccellente. Gli highlights della registrazione sono numerosi e tutti interessantissimi.  Non si può non ricordare  "Check Out Your Mind" e la ballata "I'm So Proud ", che fu inciso per la prima volta negli anni '60 dal gruppo pop The Impressions, ovviamente guidato da Mayfield. Lo ascoltiamo qui in una versione ritmicamente diversa, con un sapore Afro, nel quale sono i fiati a farsi carico della melodia. In conclusione si può tranquillamente affermare che dall'inizio alla fine, il progetto architettato dai Jazz Soul Seven attorno al genio di Curtis Mayfield non conosce punti deboli e conquista l’ascoltatore, convincendo per tecnica e cuore. La musica che possiamo gustarci in questo favoloso omaggio ad un’epoca d’oro ci suggerisce in ultima analisi una considerazione importante.  Se la Blaxploitation degli anni ‘70, con le sue chiome afro, le scarpe con la zeppa e i pantaloni a zampa d’elefante era e resta fantastica, il messaggio della musica di Curtis Mayfield era certamente molto più profondo ed ha ancora una grande rilevanza al giorno d’oggi.