Sade – Diamond Life


Sade – Diamond Life

Ex modella, cantautrice, icona di eleganza e classe, innovatrice. Sade è tutte queste cose insieme ed anche qualcosa di più. Sade ebbe un impatto notevolissimo sul contesto musicale fin dal suo album di debutto del 1984, Diamond Life. Il suo suono e il suo approccio erano volutamente cool, freddi, la sua voce era distaccata, impassibile, algida. Eppure lei divenne immediatamente popolare con quelle meravigliose canzoni che si intitolano "Smooth Operator" e "Your Love Is King", nelle quali la produzione asciutta ma sofisticata ed il suo quasi-jazz sembravano letteralmente sintonizzarsi con i gusti e le esigenze del pubblico della metà degli anni ’80. Il sentore era quello di ascoltare una cantante jazz ma nella sostanza in quella miscela vincente c’era una combinazione di stili in quel momento inedita e rivoluzionaria. Prendendo ispirazione dai grandi del soul, Sade ha fuso il tutto con il jazz ed il pop per creare un suono rilassante, tutto nuovo e completamente suo. Il personaggio Sade, con la sua particolarissima vocalità, era il centro d’attrazione principale del progetto musicale e con l’ausilio di tutto il suo gruppo è stata senza dubbio uno dei più grandi successi planetari del periodo. Helen Folasade Adu, nata in Nigeria, era arrivata in Inghilterra all'età di quattro anni dopo la rottura del matrimonio dei suoi genitori. Nata da madre britannica e padre nigeriano, Sade il "maschiaccio" crebbe nella campagna inglese con un'educazione dettata dalla sua condizione di immigrata, ma nel suo futuro la piccola Helen vedeva una forte passione per l'arte, ed infatti appena possibile, si trasferì a Londra per studiare alla Saint Martin's School of Art, dove si specializzò in fashion design. Sentiva che quella sarebbe stata l'area in cui avrebbe avuto più probabilità di guadagnarsi da vivere e di affermarsi. Nonostante fosse una studentessa in uno dei college più prestigiosi del paese, la vita di Sade era tutt'altro che privilegiata. Viveva infatti in una caserma dei pompieri in disuso con altri pochi creativi che condividevano gli stessi ideali e la sua stessa ambizione. La cantante amava trascorrere le sue serate nel cuore pulsante della vivace scena dei club londinesi, frequentando locali notturni come il Blitz e  il The Wag Club. Un paese delle meraviglie creativo frequentato da alcune future superstar: nomi in seguito illustri che includevano tra gli altri Boy George, Steve Strange, Jean Paul Gaultier, John Galliano, gli Spandau Ballet. Personaggi che sarebbero diventati le principali forze nuove nel mondo della musica, della moda e dell'arte. In una scena in cui l'esagerazione era esaltata ed il vistoso fascino del New Romanticism era al suo apice, la sobria bellezza esotica di Sade la pose presto al centro dell’attenzione. E il suo talento di cantante nonché la sua sensibilità artistica contribuirono al lancio della sua carriera musicale. Tuttavia una considerazione che mi viene da fare è che Sade sia probabilmente una delle artiste più sottovalutate degli anni '80 e '90 da parte di un certo tipo di critica, scettica forse sulla collocazione stilistica della cantautrice: non proprio jazz, non completamente pop. Questa idea è stata smentita nei fatti dai risultati ottenuti da tutti i suoi album in studio fino a Lovers Rock, i quali hanno raggiunto numeri di vendita assolutamente ragguardevoli, assurgendo al livello di multi-platino e decretando un consenso di una vasta parte del pubblico. Sade ha avuto successo sia artisticamente che commercialmente, ed è riuscita allo stesso tempo ad evitare le controversie tipiche dei fenomeni pop come Michael Jackson, Madonna o Prince. Una tale combinazione di successo commerciale e bassa esposizione mediatica è davvero un lusso di pochi. Per quanto riguarda le sue influenze, nel sito ufficiale della band si legge che: "Ascoltò la musica soul americana, in particolare l'onda guidata negli anni '70 da artisti come Curtis Mayfield, Donny Hathaway e Bill Withers. Da adolescente vide i Jackson 5 al teatro Rainbow di Finsbury Park, dove lavorava presso il bar nei fine settimana". Questo spiega perché il suono della sua band si orientasse principalmente verso un sound R&B. Come detto è stato nel 1984 che Sade ha pubblicato il suo debutto, con Your Love is King e Smooth Operator come singoli protagonisti. Ma l’album di fatto non ha punti deboli e contiene una raccolta di canzoni indimenticabili ed indistintamente interessanti. Frankie's First Affair e Hang On to Your Love giusto per citarne un paio. Come i titoli dei brani suggeriscono, le relazioni personali (sia positive che negative) sono il soggetto dominante dei testi. Ma questo non vuol dire, in nessun senso, che l'album sia banale. Tutt’altro: la musica, così come le liriche, sono oneste e profonde. Se proprio si vuole fare una critica (non so quanto fondata) dell'album è che può sembrare un po’ melanconico.  Ma se siete degli appassionati di jazz, di soul o di blues qui troverete davvero un connubio molto stimolante ed innovativo. Diamond Life è il classico disco nel quale non ci sono canzoni scadenti, non c’è un singolo momento di defaillance: oltre ai pezzi memorabili già citati anche When Am I Going to Make a Living, Cherry Pie, I Will Be Your Friend, e la (questa sì) malinconica Sally scorrono fluide e melodicamente ineccepibili. Un’esperienza d’ascolto fantastica che lascia completamente soddisfatti. In tutto l'album predominano le trame jazzistiche e queste gravitano intorno alla voce di Sade. Gli strumenti si combinano benissimo con la vocalità inconfondibile della cantante generando un sound unico e piacevolissimo. Le linee di basso sono molto udibili, le percussioni e la batteria vanno dritti all’essenza della musica e la chitarra fluttua su tutto in modo davvero efficace. Allo stesso modo anche i fiati e le tastiere contribuiscono molto bene all’architettura musicale complessiva. Diamond Life è un capolavoro degli anni ’80, un album mitico e molto importante anche e soprattutto per l’impatto che ebbe su tutta una generazione di artisti che vennero dopo. Imperdibile.

Crossfire - Hysterical Rochords


Crossfire - Hysterical Rochords

Crossfire è un nome che non dirà molto agli ascoltatori meno esperti, infatti sono stati un band australiana tanto valida quanto sconosciuta. Autori di una fusion dallo stile secco, preciso e sofisticato meritano certamente una riscoperta e tutti i cultori del genere dovrebbero possedere almeno un paio dei loro album. I Crossfire si formarono a Sydney nel 1974 e i componenti originali furono Ian Bloxsom alle percussioni, Tony Buchanan al sassofono, Steve Hopes alla batteria, Jim Kelly alla chitarra, Michael Kenny al piano e Greg Lyon al basso. Bloxsom, Kelly e Kenny erano amici da tempo ed avevano già suonato insieme in un altro gruppo. L'ensemble per la verità, pubblicò un album di debutto (omonimo) alla fine del 1975, ma con una line-up leggermente diversa che vedeva Bloxsom, Kelly e Kenny con Lyon al basso John Proud alla batteria e Don Reid ai sassofoni. Lyon ha descritto il loro stile in questo modo: "quello che suoniamo è musica contemporanea, siamo influenzati da tutti… davvero ... facciamo musica che permette a tutti di essere creativi". I Crossfire sono stati anche i primi artisti australiani ad utilizzare la registrazione diretta su disco per il loro secondo album, intitolato non a caso "Direct to Disc": l’album uscì alla fine del 1978. La loro produzione mette in evidenza molti stati d'animo: al contempo brillanti e gioiosi ma anche inquietanti e cupi, tutto condito da una grande sensibilità. E’ un gruppo che riflette davvero le influenze e le esperienze di ciascun musicista. Gli strumenti solisti fluttuano sullo sfondo della sezione ritmica, con un metodo che, pur con una sostanza diversa, li avvicina ad una interpretazione molto be bop del genere fusion. Anche se a momenti il sound può risultare un po’ pesante, in generale la musica è lieve ma incisiva, ed è spesso molto divertente da ascoltare. Il momento di maggior popolarità dei Crossfire è stato quando la band ha agito da supporto per il cantante jazz americano Michael Franks, in un tour australiano: questa esperienza è stata catturata in un meraviglioso album dal vivo del 1980, Michael Franks live with Crossfire. Uno dei momenti migliori nell’intera discografia del cantautore americano; aggiungerei proprio grazie alla dinamica presenza dei Crossfire. Siamo alla fine del 1982 quando esce il disco di cui parlo, il loro quarto album in studio, Hysterical Rochords. La line-up al momento era Bloxsom, Buchanan, Hope, Kelly, Kenny e Scorgie. Ci sono sei brani, tutti interessanti ed in purissimo jazz fusion style. La title track ad esempio è un brano molto strutturato, molto blues, con il sassofono di Tom Buchanan che scorre attraverso la melodia, mentre la ritmica ed in generale il sound filano lisci e sospesi, esaltando la musica come è caratteristica peculiare dei Crossfire. Una bellissima performance del gruppo al Montreux Jazz Festival il 16 luglio 1982 fu registrata ed è diventata il loro secondo album dal vivo: Live at Montreux. Dopo una prematura separazione, il gruppo si riunì nel 1991 e pubblicò un altro album, Tension Release, per poi sciogliersi definitivamente. Ma tornando a 'Hysterical Rochords' va detto che non ha nulla da spartire con il suo titolo. In effetti tutti i titoli attribuiti ai brani sono ironicamente molto diversi da quanto ci si può aspettare. Ma il disco è davvero molto bello ed appagante, vario ed interessante in ogni dettaglio. Ci sono alcuni passaggi che suggeriscono sottigliezze asiatiche, altri più eterei ed ancora alcuni molto jazzati e funky. E la sezione ritmica riveste sempre un’importanza pari a quella dei solisti: infatti le percussioni di Ian Bloxsom, il basso di Phil Scorgie e la batteria di Steve Hopes si prendono un ruolo distintivo nel suono dei Crossfire. Uno stile accattivante e ricco di groove e swing che riesce ad ammaliare fin dalle prime battute.  Hysterical Rochords è un album che rappresenta al meglio l’essenza migliore della jazz fusion, come ed in certi casi molto meglio di altri lavori più blasonati. Ad essere onesti, non riesco davvero a trovare un difetto in queste composizioni. Gli arrangiamenti sono di livello, e c’è una distribuzione molto piacevole dei diversi strumenti lungo tutta la lunghezza del disco. Perfino i riff dei brani sono ottimi, e tutto suona molto pulito. Ecco forse il problema è in realtà proprio questo: Hysterical Rochords è forse un pò troppo lucido (o, a scelta, “freddo”). Ciò che potrebbe risultare carente è l'emozione: qualcuno potrebbe ritenerlo solo un jazz rock molto ben eseguito. Una considerazione degna di essere presa in considerazione e con un suo fondamento, senza dubbio. Ma che è anche il marchio distintivo di tutto questo genere musicale. In ultima analisi quello che conta è che questo è un altro grande album di una delle migliori band di jazz rock d'Australia ed una delle più valide in assoluto anche a livello internazionale. Peccato solo che non abbiano avuto il riconoscimento internazionale che avrebbero meritato. Questo album è molto difficile da trovare, quindi potreste avere problemi nel reperirlo, nel qual caso verrà in vostro aiuto il materiale presente su YouTube. Più in generale, se siete dei fan  degli anni '70, se avete amato i Brand X, i Weather Report o i Return To Forever o magari Frank Zappa, ma non vi piaceva il suo lato buffonesco, allora questo è un album che fa per voi